I disordini non sono mai cessati dalla caduta del colonnello Gheddafi, ma si amplificano ad intermittenza. Milizie, gruppi armati di signori della guerra e di aspiranti leader economici spargono sempre più sangue tra i civili, periodicamente aprono il fuoco contro persone che manifestano e invocano la pace e la scioglimento dei gruppi paramilitari.
Lo scorso sabato è finita nel sangue una protesta a Tripoli contro la presenza di una milizia originaria di Misurata: centinaia di manifestanti si erano avvicinati al quartier generale della milizia, nella periferia meridionale della capitale libica. Quasi subito sono partiti i primi colpi d’arma da fuoco. Secondo le autorità cittadine, i membri della milizia avrebbero prima sparato in aria, e poi sulla folla. Gruppi armati illegali, tanti, e sempre più potenti e organizzati, capaci di paralizzare e dominare intere località. La Farnesina sconsiglia ora viaggi agli italiani: “Pericoli anche in hotel turistici”.
Il primo ministro Ali Zeidan è sempre più impotente, può solo lanciare l’ennesimo ultimatum “a tutte le milizie armate”, ancora attive in città, intimando di “lasciare” immediatamente e “senza alcuna eccezione” la capitale libica. Gli Stati Uniti stanno per ora a guardare, ma la sicurezza della Libia li preoccupa non poco. Non è un segreto lo spostamento lo scorso ottobre di militari a stelle e strisce, per la precisione duecento marines, dalla base militare Usa in Spagna a quella di Sigonella, in Sicilia, dopo le tensioni tra Washington e Libia per il blitz che ha portato alla cattura nei primi di ottobre di Abu Anas Al-Liby, uno dei leader di al Qaeda (Cnn da fonti militari Usa). Un possibile intervento militare rimane ancora lontano. Ll’insicurezza del Paese e le continue violenze, tuttavia, non possono che far aumentare le probabilità di uno sbarco di truppe straniere. Anche per il premier libico Ali Zeidan, secondo sue dichiarazioni dello scorso 10 novembre, ci potrebbe essere un intervento straniero se il caos nel Paese dovesse continuare. “La comunita’ internazionale non puo’ piu’ tollerare uno Stato del Mediterraneo che e’ fonte di violenza e terrorismo”, ha ribadito Zeidan. Citando l’esempio dell’Iraq, il premier ha tuttavia messo in guardia contro un eventuale intervento di forze straniere di occupazione, ricordando che il Paese e’ ancora soggetto ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che consente alla comunita’ internazionale di usare la forza per proteggere i civili.
Dalle parole del segretario di Stato americano John Kerry, gli Stati Uniti si dicono “profondamente preoccupati”; “condanniamo il ricorso alla violenza in tutte le sue forme, ed esortiamo le diverse parti a dare prova di moderazione e a ripristinare la quiete”.
Secondo l’ex primo ministro libico Mahmoud Jibril, attualmente presidente dell’Alleanza delle forze nazionali, la destabilizzazione libica potrà riversarsi sul Sud Europa, a partire da Italia, Spagna e Grecia. Punta il dito contro la comunità internazionale. Per Jibril i libici sono stati lasciati soli. Nulla è stato fatto per consolidare l’istituzione militare, il controllo delle forze di polizia e il controllo della giustizia. La minaccia di Al Qaida è reale, ma si è voluto sottovalutarla. Per Jibril, infine, il terrorismo islamico sarà il pretesto per un intervento di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia.
Gilbert du Mortier de La Fayette