Dal In Italia, purtroppo, l’economia di mercato, il “libero mercato” è sempre stato considerato come qualcosa di misterioso, se non di dannoso o pericoloso, da cui tenersi lontani il più possibile.
Un sano dirigismo, un po’ di consociativismo, un immobilismo da “foresta pietrificata” (come veniva definito una volta il nostro sistema bancario) in cui comandano i soliti del “salotto buono”: ed ecco il “sistema italiano”.
Dopo gli esempi recentissimi del “caso Ligresti” (in cui si penalizzano i piccoli risparmiatori per salvare la famiglia Ligresti e soprattutto gli investimenti per lo meno avventati di alcune grosse banche) e della RCS (costretta a vendere partecipazioni estere e, probabilmente, anche l’immobile di via Solferino per ripianare le perdite senza fare un aumento di capitale sgradito ai soliti soci) ecco in arrivo un altro esempio di questo tipo di gestione: il caso MPS. Il Monte dei Paschi di Siena (MPS) è la più vecchia banca europea, una banca di grandi tradizioni, legata al territorio ma anche feudo incontrastato della politica e dei potentati locali. Per alcuni investimenti avventati (l’acquisto di Antonveneta), ma anche per motivi legati a situazioni contingenti, la banca si trova a dover reperire circa 2 miliardi di euro per adeguarsi agli standard europei (il “famigerato” Basilea 3): la soluzione più normale sarebbe quella di un aumento di capitale: in un’economia di libero mercato ricorrere alla Borsa, è il sistema naturale per reperire fondi.
Ma ciò non è possibile nel “sistema italiano”: ricorrere ad un aumento di capitale significherebbe per la Fondazione Monte Paschi diluirsi e perdere il controllo della banca, un controllo fondamentale per gli equilibri politici e non del territorio. Nel consiglio della Fondazione sono rappresentati tutti i potentati di Siena, dall’ex partito comunista, all’ex democrazia cristiana, dai sindacati al rappresentante del vescovo.
Allora che cosa fare per non far crollare la banca?
Semplicissimo: si progetta di far intervenire la Cassa Depositi e Prestiti (cioè lo stato) che metterebbe a disposizione i due miliardi necessari. Miliardi che, naturalmente, finirebbero sottratti ai finanziamenti delle piccole e medie imprese che stanno soffocando per la stretta creditizia o agli investimenti in opere infrastrutturali tanto necessari in questo periodo.
Non è l’eccesso di mercato che ha messo in difficoltà l’Italia: sono piuttosto il dirigismo, il centralismo e gli interessi dei poteri forti (e intoccabili) che stanno mettendo in ginocchio l’economia italiana.
Angelo Gazzaniga
Portavoce dei Comitati per le Libertà