Quale futuro e quali speranze per Israele?
Il governo israeliano è caduto e le elezioni si terranno in marzo. Il Paese si pone alcune domande di capitale importanza.
Sembra chiaro che Netanyahu sia riuscito a separare Israele dagli Stati Uniti, con la sua profonda antipatia per Obama, ma anche dall’Europa che vede chiaramente come lui si opponga alla creazione di uno Stato palestinese, affermando che Gaza – indipendente da anni – si è trasformata in uno Stato terrorista e violentissimo. Pensa che il futuro di Gaza sarà quello della West Bank.
Il futuro non lo conosciamo. Ma purtroppo questa situazione non può durare. Per Israele è impossibile essere responsabile, da 47 anni, di territori che ricevono miliardi di dollari da ogni dove e tuttavia non vengono impiegati dai loro abitanti per la costruzione del loro Paese né per l’assistenza di coloro che vivono nei campi, precari da quarant’anni.
Allora, il futuro Stato palestinese sarà quel che sarà, ma almeno non si troverà più sotto la giurisdizione di Israele. La popolazione israeliana non vuole un Paese unico in cui i musulmani sarebbero la maggioranza fra pochi anni. Mentalità, cultura, creatività, intelligenza sono totalmente differenti tra le due popolazioni, Quindi: separazione.
Il problema maggiore tuttavia sono i 300 mila israeliani che si sono installati nelle terre del futuro Stato palestinese. I diversi governi che si sono succeduti li hanno incoraggiati, o al contrario combattuti, ma la loro convinzione è sempre stata che non si debba lasciare un metro della terra occupata al nemico.
Mentre si svolge questo dramma politico, il Paese continua a svilupparsi ad un ritmo esponenziale: scoperte straordinarie nella medicina, nell’agricoltura, nelle start-up, nella tecnologia, nell’arte e nella letteratura. Nel contempo, però, si deve constatare un preoccupante indice di povertà. Specialmente tra gli ultraortodossi che studiano invece di lavorare, e tra gli arabi che non riescono a raggiungere il livello di vita nazionale.
Tante domande, dubbi, interrogativi esistenziali. Come il nome di Dio nella Bibbia: “Sarò ciò che sarò”.
Nadine Shankar