Lo spettro di Pomicino si aggira tra le macerie del ponte Morandi

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Il crollo del ponte Morandi: quando manca il liberalismo

Venerdì 17 agosto 2018 è uscito su la Repubblica un articolo sadicamente imbroglione alla Paolo Cirino Pomicino a firma della nota politologa Nadia Urbinati, dal titolo “Ponte Morandi– se il degrado è anche etico”– che è un vero e proprio caso di “inquinamento probatorio” sulla genesi del crollo devastante del Ponte Morandi a Genova Sanpierdarena: la Urbinati, fornendo un assist insperato alla triade statalista Salvini – Conte – Di Maio che l’ha subito raccolto, arriva a sostenere che la scoperta di Tangentopoli da parte di Mani Pulite abbia contribuito a buttare giù la centralità della politica e a svuotare il Paese con le privatizzazioni neoliberiste (quando si usa questa espressione c’è da avere paura per l’insensatezza ideologica della stessa): al contrario di quanto scritto con collaudata manipolazione propagandistica dalla Urbinati, è stato il dirigismo animalesco – secondo lo schema Pio Albergo Trivulzio 2.0 da Mario Chiesa – a preparare il crollo del Ponte Morandi per il mix sinergico terribile di assenza sistemica di concorrenza, abuso di posizione dominante degli incestuosi accordi di cartello in quota Benetton, la manipolazione delle gare d’appalto nell’ambito della famigerata “mafia del cemento” (che ha ucciso l’acciaio) del Godfather anti-mercato Giulio Andreotti, ecc… Tradotto (anche se occorrerebbe un intero articolo dedicato al tema): il capitalismo tricolore è stato ucciso, come ha già ricordato il brillante Massimo Giannini nel bellissimo “Gli sceriffi senza pistola”, dallo “Stato Padrone” di Tangentopoli da Enrico Mattei fino alle mazzette finite nel cesso del Trivulzio di Mario Chiesa arrestato dal pool di Mani Pulite; conclusione implicita nella diagnosi: il liberismo (che vuol dire competizione depoliticizzata) impedirebbe proprio sul nascere disastri endogenamente statalistici come il crollo del Ponte Morandi nelle criminose “solidarietà previtiane” che lo hanno cementato (i morti sono 43 in tutto più 20 dispersi), perché l’autostrada è crollata a Sanpierdarena per insufficiente vigilanza e mancanza di cambiamento dei materiali corrosi nell’intreccio tra politica e business. Ma la Urbinati, che ha una vera e propria passione a truccare le carte dell’informazione, diventa Pomicino al femminile – con il sostegno della “democrazia dell’applauso” nelle televisioni compiacenti, dove i Paolo Becchi furbescamente provinciali annunciano l’arrivo delle nazionalizzazioni:“Il degrado delle infrastrutture che la tragedia di Genova (a quanto pare annunciata e quindi evitabile) ha messo in evidenza, è il segno di un degrado etico e ambientale profondo… Sono anche l’esito di una politica radicale di privatizzazioni del patrimonio pubblico che dalla fine del secolo scorso ha segnato tutti i governi, al di là di sigle e maggioranze. E ha goduto di legittimità per l’incontro di due fenomeni concomitanti: la scoperta di Tangentopoli e la conversione al liberismo della sinistra post marxista. In Italia questa sinergia è stata fatale, più radicale di quel che è avvenuto in altri paesi, perfino quelli che come la Gran Bretagna hanno guidato la strada alla privatizzazione dello stato sociale. Tangentopoli sembrò giustificare la politica delle privatizzazioni con un argomento che era il perno della retorica thatcheriana e reaganiana: la politica tende a infiltrarsi dove ci sono risorse, togliendo le quali si toglierà incentivo alla corruzione. Meno Stato significava meno opportunità di corruzione. In Italia, questo sillogismo ha avuto facile terreno e la lotta contro la partitocrazia sembrò aver trovato qui la sua cura…”.Orbene, quelli scritti dalla Urbinati con il consueto birignao dell’accademismo all’italiana sono tutti una serie di gravi falsi ideologici e dell’informazione finalizzati alla costituzione dell’URSS italiana: certi intellettuali della Magna Grecia di ieri e di oggi sanno molto bene che la distruzione intellettuale del concetto di Mercatofunge da via libera alla formazione di regimi autoritari, impossibili da costruire se di contro prevale la concorrenza che non rende possibile l’autoritarismo (sic!). Ma se Nadia Urbinati è entusiasta al limite del ridicolo mentre inquina l’informazione, e si dà arie provincial-snobistiche nei cosiddetti “salotti pentastellati”, chi scrive è paradossalmente contento:poiché l’unica cosa che veramente conti nella vita è riempire i vuoti di senso con le passioni e dare un senso a ciò che si fa. Tuttavia è utile, ogni tanto, raccontare la cruda verità dei fatti. Procediamo pertanto con la pubblicazione quasi integrale dell’intervista di Marcella Andreoli all’ex “mariuolo” del Pio Albergo Trivulzio Mario Chiesa: è un’intervista fondamentale a comprendere le ragioni autentiche del crollo del Ponte Morandi, emblema autostradale della violazione sistematica di tutte – ma proprio tutte – le leggi europee sulla concorrenza, che è anzitutto uno stile di vita (non c’è dubbio, Mario Chiesa ne esce intellettualmente più onesto di Nadia Urbinati) – correva l’annus horribilis 1992:

“L’uomo chiave di Tanentopoli dice: “C’era la coda di quelli pronti a pagare per evitare la concorrenza”. E così, tra politici e imprenditori…“Io, il mariuolo? Mai definizione fu più improvvida. Craxi avrebbe potuto darmi dello stupido, del cretino, ma del mariuolo mai”. “E perché?
“Non aver letto quel passo del Vangelo che dice: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”è stato un errore. Un errore anche per Craxi”. Piglio decisissimo, intelligenza brillante, modi ancora bruschi. Eccoci, finalmente, a tu per tu con Mario Chiesa, imputato chiave di Tangentopoli: ingegnere, socialista, manager, già presidente della famosa Baggina. Insomma, il politico che, confessando molti segreti e tantissime tangenti, ha provocato il terremoto di Mani Pulite, ha messo a nudo Milano e nei guai, fra gi altri, due ex sindaci… Ora che il suo processo s’è concluso, ha deciso di parlare. Esordisce:“Il sistema politico aveva perso il senso della realtà: l’illecito veniva scambiato per lecito e il mondo economico era ben lieto di aver creato, con il gioco delle tangenti, un sistema bulgaro dove la concorrenza tra imprenditori era stata bandita. Il degrado aveva raggiunto tutti: sindaci, assessori, presidenti di enti pubblici, ma anche i gradi più bassi della burocrazia. A Milano si pagavano cani e porci. Non credo che qualche politico, ad alto livello ovviamente, abbia dovuto chiedere soldi. C’era il codazzo di gente pronta a pagare qualunque cifra. Il problema non è Mario Chiesa, che certo i suoi soldi li ha presi, ma il sistema bastardo dove venivano falciati gli imprenditori al di fuori del cartello bulgaro”.“Il sistema è marcio fino al midollo spinale, corruzione a cascata, intreccio devastante tra politica e affari. L’inchiesta Mani Pulite può andare avanti per un secolo intero: i grandi dell’edilizia che hanno unto e imbrattato, come direbbe il Manzoni, tutto il sistema istituzionale”.

“Responsabili più dei politici? “Certo: al Sud come al Nord. Là con i fondi pubblici. In Lombardia con la logica bulgara. Dobbiamo mandare un nostro uomo a far l’assessore ai Lavori pubblici?
Non importa che sia socialista, democristiano, comunista. Va bene quello che, meglio di altri ma comunque non diverso dagli altri, è in grado non già di addomesticare gli appalti, che sarebbe poca cosa, ma di impedire che si crei un minimo di libero mercato. Salva doveva essere solo la logica dei gironi danteschi. Nel primo, le imprese garantite per i lavori pubblici a cavallo del miliardo. Nel secondo quelle garantite per opere sui 3 miliardi. E così via, girone su girone”.

“L’intreccio politica-affari si salda in quegli anni. Ma è negli anni Ottanta che il sistema si degenera in modo insopportabile.“Cos’era intervenuto?”“La regola tacita che la tangente avrebbe gravato su tutto: dalla grande opera pubblica alla più piccola fornitura. Non si discute nemmeno più di mazzette. Prenderleè un fatto normale, per i politici ma anche per i burocrati. Perché un assessore non può gestire rapporti politico-affaristici se non ha alle spalle, connivente, la struttura burocratica.
Quando l’imprenditore mi dice, per esempio, “non si preoccupi per l’approvazione dei progetti delle opere alla Baggina che ci penso io”, e poi la licenza edilizia arriva in 90 giorni quando in media ci vogliono tre anni, lei cosa capisce? Per intenderci: qui di imprenditori estorti non c’è nemmeno l’ombra” (Chiesa descrive benissimo la stessa realtà criminosa che esisteva nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche di cui parla Gaston Beuk con dovizia di particolari in “Comunismo mafia di Stato”, ndr).
Ps- Meno Pomicino, più Reagan. Soltanto così l’Italia si salverà come Paese e come comunità democratica: ma il problema è che né i genovesi, né gli italiani vogliono diventare capitalisti e dunque liberi. E lo spettro del Fascismo si aggira tra le macerie del Ponte Morandi.

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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