Dopo che la UE per la seconda volta ha condannato l’Italia per aver disatteso la normativa (cosidetta Bolkestein) sull’applicazione del regime di concorrenza nelle gare pubbliche (e alla terza condanna scattano le multe) qualcosa si è mosso nel governo italiano; ci si è accorti che nella concessioni per le spiagge pubbliche non è stata mai fatta nessuna gara.
Immediata l’alzata di scudi dei partiti. Chi più chi meno hanno proposto prolungamenti delle concessioni in base alla regola “rinviamo, poi forse non se ne parlerà più”: il record da parte di Fratelli d’Italia che ha proposto di rinnovare le concessioni per 99 anni, cioè ai bisnipoti degli attuali concessionari.
Parimenti alte le proteste e i pianti dei concessionari: il settore è in crisi, non rende niente…
il presidente della loro associazione ha sostenuto che solo un pazzo potrebbe pensare di investire nelle spiagge: ma allora, ci si domanda, perché ci tengono tanto a continuare?
Un autentico rigurgito di statalismo e di dirigismo: vade retro concorrenza!
vista non come un mezzo per migliorare i servizi e ridurre i costi, ma come un apertura a biechi capitalisti o a voraci multinazionali…
Ma poi sono state pubblicate le statistiche relative al settore. Statistiche sempre poco accette dai nostri che non possono fare ricorso alla retorica o alla mozione degli affetti di fronte ad aridi numeri.
E cosa dicono queste statistiche? Che a fronte di un giro d’affari di circa 15 miliardi le concessioni pagate allo Stato per l’utilizzo di un bene pubblico ammontano a 10 milioni!
Neppure una mancia!
Sarebbe stato sufficiente guardare i numeri per vedere quanto sia pretestuosa una battaglia per difendere non dei diritti, ma dei privilegi, delle rendite di posizione o, temiamo, dei favoritismi per lo meno opachi.
Il tutto, naturalmente, facendo salvi i diritti di chi ha fatto investimenti non ancora ammortizzati, come dovrebbe essere in tutti i casi in cui si mette a gara delle concessioni.
di Angelo Gazzaniga