Una piccola sentenza rischia di gettare nel caos la riforma voluta per svecchiare la magistratura
Scatta l’ora legale. E’ panico al Consiglio di Stato. Sabato 12 dicembre 2015: il semicentenario Venerabile Gran Maestro Licio Gelli, alzatosi di buon umore per fare colazione tra un delirio mussoliniano e l’altro, alla lettura del suo quotidiano preferito “la Repubblica”viene colto all’improvviso da una grave crisi isterica e rischia una caduta fulminante del suo narcisismo “piduista” sull’inviolabilità del “millantato credito” del sempiterno Piano di Rinascita Democratica (pura fiction cinematografica!), quando – dall’editoriale cartesianamente razionale del costituzionalista Gianluigi Pellegrino – apprende che : 1) a causa del Cavaliere delle Toghe Silvio Berlusconi si è realizzata la dittatura dei giudici con un golpe bianco del Consiglio di Stato, soprattutto perché l’ex “apprendista muratore” tessera P2 1816 si è sempre rifiutato nel suo calcolemus opportunista di aggredire sul piano legislativo l’azione penale obbligatoria tout court, al netto della sua maggioranza bulgara; 2) ha anzi – Berlusconi – proposto un criminogeno patto di coesistenza corruttiva tra la Cassazione e il governo da lui presieduto pur di far passare le sue vergognose leggi ad personam: io non faccio approvare la tanto agitata separazione delle carriere giudici/pm che comporterebbe uno scontro frontale di Forza Italia con la corporazione togata e aumento i vostri privilegi giudiziari, in cambio della mia “uscita di sicurezza” dai processi a Milano – nell’ottica tutta “cinico-berlusconiana” della legislazione a spezzatino in danno alla visione d’insieme; 3) lo sconfitto Gelli deve prendere atto che la “conseguenza non intenzionale dei fini” prodotta dal cinico disegno berlusconiano, già tutto schiacciato sulla contingenza del “papello di richieste”di Don Vito Ciancimino e sulle necessitate norme ad personam, è lo strappo golpista della Magistratura dalla separazione dei poteri (sic!): perché a Silvio della Giustizia non gliene ha mai importato niente.
Valga il vero, da “Il caos giustizia” in un riassunto che non potrebbe essere migliore: “Da qui a fine mese (dicembre, ndr) la giustizia rischia di trovarsi nel caos totale. Ben maggiore del solito. E il ministro Orlando lo ha denunciato. Una riforma che era ormai attuata rischia infatti l’improvviso azzeramento per un parere di poche righe emesso da una sezione consultiva del Consiglio di Stato, contro plurimi precedenti delle più attente sezioni giurisdizionali di Palazzo Spada. La riforma è quella fortemente voluta dal Governo relativa al ricambio generazionale pure in magistratura. Si tratta molto semplicemente dell’abolizione di una delle tante norme ad personam… Nel 2002 infatti da Palazzo Chigi il cavaliere, nel trasparente, quanto vano, tentativo di ingraziarsi gli allora vertici della Cassazione che dovevano decidere sulla pretesa di sottrarre a Milano i suoi processi, infilò nel calderone di una finanziaria il codicillo che consentiva ai magistrati di rinviare la pensione rimanendo in carica fino a 75 anni, in difformità da quello che avviene nella gran parte dei paesi europei… Nel 2014 il nuovo governo (Renzi, ndr)…ha abolito la deroga…”. Entra così in vigore la nuova riforma razionalizzatrice dell’ordinamento giudiziario uscendo finalmente dalle “sabbie mobili” del bicameralismo perfetto, e accade l’inverosimile: cioè il golpe nel senso tecnico del termine: “…Perché come ogni buon colpo di scena, arriva venerdì (11 dicembre 2015, ndr) la bomba di una decisione della sezione consultiva presso il Consiglio di Stato che prima ancora di garantire il contraddittorio al Ministero ha espresso avviso che non se ne faccia nulla e che i pensionandi ricorrenti debbano invece per ora, restare in carica”. Cioè, è stata disinnescata da una sezione della magistratura consigliare di Stato la riforma Orlando – dal nome del Ministro– sulla giustizia. E’ mai possibile che ciò accada in uno stato di diritto?! Assolutamente no, of course. Ma il peggio deve ancora arrivare, perché i giudici del Consiglio di Stato hanno espresso un’inedita quanto eversiva sentenza di “giudicato legislativo” (sic!), quando sul punto è stato chiarissimo Pellegrino: al Consiglio di Stato sono liberi di criticare le riforme “e sollevare ipotesi di incostituzionalità, ma devono rimetterne l’esame alla Consulta, giammai disapplicarle sostituendosi agli apprezzamenti che il legislatore ha compiuto…”. Altrimenti salta all’istante la divisione dei poteri nella “costituzione materiale” per mezzo di un golpe in atti giudiziari, come è accaduto purtroppo con la momentanea paralisi di tutti i concorsi già verificati. Chi scrive capisce dunque l’attacco di panico che ha stressato il Venerabile Gran Maestro De Gaulle di Arezzo Licio Gelli: egli ha perso la scommessa della sua vita, a causa della realizzata tirannide dei giudici.
Alexander Bush