Ma dobbiamo proprio essere amici di Putin?

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Italia, Putin e le sanzioni UE

Il premier Giuseppe Conte ha annunciato che si batterà in sede europea per la fine delle sanzioni alla Russia. Il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini si è incontrato con l’ambasciatore russo a Roma e ha promesso un futuro di rapporti più stretti fra Italia e Russia. Lo stesso Conte, recandosi al G-7 in Canada, è stato l’unico leader europeo a dar ragione al presidente Usa Donald Trump, quando questi ha proposto di far rientrare la Russia fra i Grandi. Il ministro del Lavoro e vicepremier Luigi Di Maio ha premiato la sua iniziativa, dichiarando in pompa magna che l’Italia ha finalmente una sua politica e non è più prona ai grandi d’Europa. Infine, ma non da ultimo, Salvini ha dichiarato a cospetto degli alleati della Nato, che il nostro pericolo è a Sud e non a Est. Quindi la Russia, a suo dire, non è una minaccia per l’Alleanza Atlantica. Per lo meno: non lo è per l’Italia. Questa è solo la prima settimana di governo Conte. Se il buon giorno si vede dal mattino…
Secondo la narrazione sostenuta dalle attuali forze di governo, l’Italia è stata costretta dalla perfida Europa a rompere i legami con l’amica Russia e questa inimicizia forzata ci starebbe costando migliaia di posti di lavoro e decine di miliardi di perdite causate dalle sanzioni. Sempre secondo questa narrazione, ben presente su tutti i media vicini all’attuale governo, l’Italia avrebbe tutto l’interesse a rompere con l’Europa e stringere un’alleanza più stretta con la Russia. Ma il parziale passo indietro del governo Conte, che comunque ribadisce l’allineamento sostanziale con Ue e Nato, anche in merito alle sanzioni alla Russia (e alla sua cacciata dal G-7), è la dimostrazione che la narrazione sia più vicina alla propaganda che non alla realtà. E in effetti si tratta di una narrazione così falsa che è anche difficile trovare lo spazio e il tempo di confutarla.
In primo luogo, è falso affermare che le sanzioni europee stiano causando perdite gravi alle nostre imprese. Le sanzioni dell’Ue, infatti, riguardano il commercio e il turismo di una sola regione ucraina annessa alla Russia, la Crimea. Poi ci sono sanzioni ad personam, che colpiscono i beni di 150 individui e 38 entità, legate a Putin e coinvolte nell’annessione della Crimea e nella guerra nell’Ucraina orientale. Sono vietate solo tecnologie militari e tecnologie avanzate per l’estrazione. Le sanzioni sono pubblicate sul sito dell’Ue e consultabili in italiano (http://www.consilium.europa.eu/it/policies/sanctions/ukraine-crisis/ ). Non si vede perché, dunque, si sia diffusa l’assurda idea che il settore agro-alimentare italiano sia colpito e danneggiato dalle sanzioni europee. Le nostre aziende sono semmai colpite dalle sanzioni russe, che istituiscono un vero embargo sulle nostre esportazioni. Salvini, essendo in buoni rapporti con Mosca, dovrebbe semmai usare il suo ascendente politico e personale per far rimuovere le sanzioni russe. Che sono le uniche che ci stanno danneggiando.
I sostenitori della causa anti-sanzionista usano un argomento falso: quello della “risposta automatica”. Quindi i russi sarebbero stati “costretti” a imporre le sanzioni al nostro settore agro-alimentare come “risposta automatica” alle sanzioni europee. Ma non esiste, in politica, alcuna “risposta automatica”. Non esiste. Le politiche sono sempre scelte. Non è un destino manifesto, per la Russia, rispondere con un embargo alle sanzioni imposte a 150 persone fisiche russe e a 38 entità. A Mosca avrebbero potuto decidere di rispondere in mille altri modi, dalla blanda espulsione di diplomatici all’idea apocalittica della guerra. Ma è da Mosca che dipende questa decisione, non da Bruxelles.
La narrazione di governo è falsa anche nelle proporzioni. Le perdite causate dalle sanzioni non riguardano, infatti, un settore fondamentale dell’export italiano. La prima destinazione delle esportazioni italiane è la Germania, seguita dalla Francia, dagli Usa e dal Regno Unito. La Russia è in fondo alla classifica ed è la destinazione dell’1,6% dell’export italiano. Conviene rompere con Ue, Regno Unito e Usa per guadagnare posizioni nel mercato russo? Siamo veramente sicuri che sia questo “l’interesse nazionale”? Le esportazioni sono calate dopo l’imposizione delle sanzioni, ma nello stesso periodo il rublo aveva perso valore. Quale delle due cause spiega la flessione? Probabilmente solo il calo del rublo, perché il 2017 ha invece registrato un aumento delle esportazioni italiane in Russia. Le sanzioni, poi, non impediscono affatto di stringere nuovi accordi per l’importazione del gas russo. Lo dimostra la Germania stessa, che non mette in dubbio di tenere in piedi le sanzioni, anche a nome dell’Europa, ma al tempo stesso conclude (male o bene che sia è oggetto di altra analisi) un accordo per completare il raddoppio del gasdotto baltico North Stream.
La narrazione sull’Italia separata dall’amica Russia dalla nemica Europa, fra l’altro, evade la domanda principale: perché ci sono le sanzioni? Anche qui, con grande pazienza e fervore, gli amici italiani della Russia hanno costruito una falsa ricostruzione dei fatti che ormai è completamente penetrata nel sentire comune. Ma al di là delle false narrazioni o delle rimozioni della memoria, le sanzioni sono state imposte perché, per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale, in Europa, un paese ha invaso e annesso un pezzo di un altro paese sovrano. Nello specifico: la Russia ha invaso l’Ucraina e ha annesso la Crimea. Ed è un fatto gravissimo. Se la Russia non fosse una potenza nucleare, su questo atto di aggressione sarebbe scoppiata probabilmente una guerra, così come era scoppiata una guerra dopo l’annessione del Kuwait da parte dell’Iraq. Altro che sanzioni. E altro che: “nessun pericolo viene da Est”.
La scelta per la Russia, dunque, non ha nulla di razionale. Non risponde ai nostri interessi nazionali. Non rafforza la nostra sicurezza (anzi…). La scelta per la Russia è una scelta puramente ideologica. Dipende dall’accordo di associazione della Lega con Russia Unita, il partito di Putin. Ed è nata sull’idea che il modello russo sia preferibile a quello occidentale. Quale è il modello russo? Corporativismo di Stato, un uomo solo al comando, un parlamento ridotto alla ratifica delle decisioni del capo di Stato, una società sempre più irreggimentata in associazioni patriottiche, un esercito sempre più invadente nella sfera civile e una religione di Stato. Anche l’Italia ha conosciuto un modello simile, nel secolo scorso. Non è stata una bella esperienza.

di Stefano Magni

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