Giacomo Matteotti rivisto alla luce dei suoi discorsi e dei suoi scritti
I casi di personaggi, più o meno illustri, mitizzati dopo la loro morte (soprattutto se prematura o addirittura violenta) abbondano: da Lincoln a Kennedy, da Marilyn Monroe a John Lennon. In parte è una giusta apertura di credito postuma a chi forse avrebbe potuto fare ancora grandi cose se fosse vissuto più a lungo, in parte è un fenomeno emotivo, qualche volta però è una ben pianificata strumentalizzazione politica.
Su Giacomo Matteotti, di cui nel 2014 si è celebrato solennemente in varie sedi ufficiali il novantesimo anniversario della morte, gli italiani, dal secondo dopoguerra in avanti, si sono sentiti ripetere in modo martellante che il segretario del PSU, barbaramente assassinato da un pugno di delinquenti fascisti il 10 giugno 1924, era un genio della politica, un grande esperto di problemi economici e finanziari, un oratore che – secondo Gobetti – non veniva “mai battuto in un contraddittorio”. Il suo libro del 1923 Un anno di dominazione fascista (significativamente però ripubblicato solo una volta in edizione integrale, nel 1983, nascosto all’interno di una generica raccolta di scritti) viene presentato come un documentatissimo e formidabile atto d’accusa contro il fascismo, un’opera in grado di far cadere il primo governo Mussolini, di cui Matteotti metteva a nudo tutta l’incapacità politica ed economica.
Ad aumentare la leggenda si è poi aggiunta la tesi secondo cui Matteotti sarebbe venuto in possesso di documenti esplosivi e segretissimi durante un suo breve viaggio a Londra nell’aprile del 1924. Tali documenti, che gli sarebbero stati forniti dal governo inglese, avrebbero svelato come Arnaldo Mussolini, altri politici fascisti e lo stesso re d’Italia, avevano intascato enormi tangenti per favorire la compagnia petrolifera “Sinclair Oil”, che stava concludendo affari milionari in Italia.
Un serio controllo, effettuato sui documenti, smentisce però tutte queste leggende. Nei suoi quattro anni e mezzo alla Camera (1919-1924) Matteotti si dimostrò un politico più che mediocre. Si distinse per le proposte di tassare il vino a seconda delle intenzioni (voluttuarie o meno) dei consumatori, di devolvere allo Stato le eredità, di fare propaganda affinché gli italiani fumassero sempre di più, di evitare la creazione di nuove Università come per esempio quella di Milano, di smobilitare l’esercito, di ridurre dell’80% la forza pubblica, d’imporre una patrimoniale secca pari al 25% del Pil italiano, di negare il voto alle donne, e via di questo passo, suscitando per lo più l’ilarità dei colleghi parlamentari liberali e cattolici.
Quanto al libro del 1923, Matteotti accusava d’incompetenza il governo di coalizione guidato da Mussolini soltanto perché, in un anno (!), non era riuscito a risolvere i problemi del passivo nel bilancio dello Stato, del ripagamento del debito pubblico, della scuola, della legge elettorale, ecc., vale a dire problemi che i governi italiani (di tutti i colori politici) non sono riusciti a risolvere nemmeno nei successivi 90 anni e con cui si combatte ancora oggi. Quanto ai fantomatici documenti inglesi, essi non sono mai esistiti. A Londra Matteotti andò solo per cercare di far tradurre in inglese il suo libro, operazione rivelatasi anch’essa fallimentare.
Enrico Tiozzo
Pessimo revisionismo partigiano e poco documentato che non tiene in considerazione i tanti meriti di Matteotti: aver capito cosa fosse il riformismo e aver ripudiato il massimalismo quando fare ciò non era poi così scontato. Vabbe’ ogni tanto ci si deve inventare qualcosa per essere originali!
,,, attendere l’uscita
Attendere
Leggi almeno il libro prima di parlare di poca documentazione. Vedrai che cambi idea.