Magistrati in politica: basta con la confusione dei poteri

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Si è parlato per anni del “conflitto d’interessi”, orrendo male italiano che riguarda esclusivamente Silvio Berlusconi, colpevole di usare le sue tv per farsi auto-propaganda. Indiscutibilmente, a ragione. Ma, com’è come non è, nessuno parla invece di un altro conflitto istituzionalmente ancora più grave: la confusione dei poteri. Che si realizza quando un magistrato si mette tranquillamente in aspettativa (come in questi giorni l’ex procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, che dovrebbe candidarsi addirittura a Palazzo Chigi per la lista Arancione). Ma scusate, negli Stati democratici i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) non dovrebbero essere rigorosamente separati? E dov’è la separazione, quando il parlamento pullula di magistrati in aspettativa o a riposo (un certo Di Pietro, ad esempio, un certo Violante eccetera?). Se questo non è conflitto di poteri, allora cos’è?
Nel frattempo arriva, bello come il sole, il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Michele Vietti, con questa splendida proposta: siano i partiti a smettere di candidare i magistrati. Come se non fossero loro a proporsi, mettendo a frutto la visibilità e il potere loro concessi dalla carica giudiziaria! Sarebbe comico, se non fosse drammaticamente pericoloso, assistere allo spettacolo di personaggi che recitano due o tre parti in commedia: prima smettono la toga (vedi Di Pietro) e poi indossano i panni del capopartito, quindi magari quello del ministro, e alla fine, se proprio non hanno il successo che speravano o cambia il vento… possono sempre tornare a fare i magistrati. E’ il giro turistico dei tre poteri, con annesse carriere: uno schiaffo al sistema teorizzato da Montesquieu.
Dunque? Dunque, bisogna impedire ai magistrati di scavallare da un potere all’altro, stabilendo che debbano passare almeno cinque anni fra l’uscita dall’ordine giudiziario e la candidatura politica. Questo chiedono i Comitati per le Libertà: eliminazione, oltre che del “conflitto di interessi”, anche della “confusione dei poteri”. E se poi qualcuno nutrisse ancora qualche dubbio sul “partito dei giudici”, vada a leggersi il bel libro di Fabio Florindi, “Il terzo strapotere” (della nostra Bibliotheca Albatros).

Gaston Beuk

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Gaston Beuk
Gaston Beuk è lo pseudonimo di un noto giornalista e scrittore dalmata. Si definisce liberale in economia, conservatore nei valori, riformista nel metodo, democratico nei rapporti fra cittadino e politica, federalista nella concezione dello Stato e libertario dal punto di vista dei diritti individuali.

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