“In Italia si perdona tutto fuorchè il successo tranne quando è immeritato”
Indro Montanelli
Attenti alla Fiera della Vanità in Italialand, che fa rima con Argentina.
Parlare di femminicidio e/o di patriarcato è un errore di prospettiva.
Per quanto riguarda l’omicidio di Giulia Cecchettin, va osservato – a modesto parere di chi scrive – che il “delirio della provincia” nel Belpaese continua a colpire nel peggiore dei modi: con la violenza. La violenza che irrompe nel reale, presentando il conto alle famiglie (proletarie o borghesi non fa differenza nell’era della crisi delle classi sociali), famiglie che si nutrono di gravi distorsioni valoriali in senso “piccoloborghese” (guardate il capolavoro di Paolo Virzì “Il capitale umano”); c’è purtroppo una componente piccolo-borghese nella cosiddetta borghesia che è retaggio della mentalità provinciale dei Tanzi e dei Turetta, in un Paese – l’Italia del 2023 – che a) non perdona il Successo come valore acquisito di una società – e questo aspetto deteriore è macroscopicamente evidente nella citata pellicola di Virzì, b) come rivela anche “l’episodio del Mac Donald”, e mi riferisco cioè al fatto rivelatore in senso “sintomatico” che Filippo Turetta utilizzò la carta di credito del padre per mangiare con la ragazza – fidanzata è una brutta parola – nel suddetto ristorante, quando in Inghilterra non è la famiglia a determinare i soggetti ma sono i soggetti che si autodeterminano, e C) è da stigmatizzare la necessità la necessità piccolo-borghese di fidanzarsi a tutti i costi quando, in realtà – inconfessabilmente – si sa benissimo che l’amore non è un sentimento puro, ma una questione di “cazzo” e di “figa”.
E, dunque, terribilmente seria (sic!). Si può ammazzare per la dipendenza dalla vagina rivestita di ipocrita sovrastruttura amorosa, ma anche per la dipendenza dall’uccello. Si, avete capito bene: l’amore è la nobile rivestitura delle inconfessabili pulsioni scopiche che ad esso si subordinano, ed è una grande ipocrisia. Con sullo sfondo lo strapotere della donna mantide, che istiga i femminicidi ma questo non è lecito dire poiché il politically correct non lo contempla. Dicevo, attenti alla Fiera della Vanità.
Ma… non fatemi deragliare dal vero nucleo della questione. Leggo su Il Tempo.it del 26 novembre 2023, alla voce “Filippo Turetta, “virtualità narcisistica”: l’analisi di Recalcati sul rapporto con Giulia”: “Filippo Turetta è ora nel carcere di Verona e aspetta di essere interrogato martedì dal gip. Dopo essere sparito nel nulla con Giulia Cecchettin, la 22enne il cui corpo è stato ritrovato senza vita e abbandonato in un canalone, il giovane si è affidato a una fuga folle e poi è stato fermato e arrestato in Germania. La storia dei due ex fidanzati (che brutta parola, e aveva ragione Piero Ottone a metterlo in rilievo!, ndr) ha scosso l’opinione pubblica e ha catalizzato l’attenzione di chi sui giovani studia e si informa. E’ questo il caso di Massimo Recalcati che, in un’intervista rilasciata a Repubblica, ha provato ad analizzare l’azione di Filippo, accusato di sequestro di persona e omicidio volontario aggravato. Per lo psicanalista non si tratta tanto del “retaggio del patriarcato”, come molti stanno sostenendo, ma il vero problema si nasconde in una profonda tendenza al narcisismo”. Apprendo sempre da Il Tempo.it, e sono percorso da un moto d’indignazione: “Il mito del nostro tempo è quello del successo individuale. Si tratta di un nuovo imperativo che rende impossibile l’esperienza del fallimento. Chi corre piano o chi cade è tagliato fuori. Si tratta di un vero e proprio culto della prestazione e del perfettismo. Subire il rifiuto di una ragazza significa riconoscere i propri limiti, che non si può essere tutto né avere tutto nè sapere tutto.
Significa accettare una sconfitta delle proprie aspirazioni. Per questo a volte il ricorso alla violenza sostituisce la dolorosa constatazione della propria insufficienza. E’ una tendenza del nostro tempo:
rifiutare l’ostacolo, la perdita, il fallimento, il dolore”: così ha esordito Recalcati…”.
Orbene, prima di tutto Recalcati nella sua avversione italianissima al principio di successo che informa la sua Weltanschauung da psicanalista “totalitariamente lacaniano”, non comprende che il fallimento è l’altra faccia del successo, (sic!), e non capirlo è un grave passo falso, e b) insegnerà ai suoi pazienti che è sbagliato aspirare al successo in un Paese che da sempre lo condanna, e c) continua ancora Recalcati con un linguaggio che era ben noto ai coniugi Friedman, i quali stigmatizzavano il costruttivismo quale approccio buonista: “… Il mondo sociale nei suoi aspetti più patologici esalta il perfettismo e il principio di prestazione. Non c’è in quel luogo alcuna confidenza con l’esperienza della caduta e della solitudine. E’ una virtualità narcisistica dove tutto deve apparire ideale”, ha concluso…” (sempre da Il Tempo.it).
Non è la società a fare gli individui, ma sono gli individui a fare la società: si potrebbe obiettare a Recalcati che s’identifica ormai da tempo con la “democratie des applaudisments”; ma una società che rifiuta il principio di prestazione vigente nelle società anglosassoni da William Shakespeare a Boris Johnson (un idolo per chi scrive), è una società che è condannata a diventare egualitaria e “mediocratica”, per dirla con Paolo Mieli. La società di Fausto Brizzi, non piace a chi scrive. La società dove Filippo Turetta finisce in galera anche (ma non solo) per aver rifiutato che la sua “amica” fosse più brava di lui. Mentre siamo uguali soltanto all’Inferno, per citare Dario Fertilio.
Invece, di contro, trovo che siano parole da premio Nobel quelle pronunziate – con tutta la sua autorevolezza da uomo di mondo che ha raccolto l’eredità di Franco Basaglia – da Paolo Crepet, intervistato dall’originale Alessandro Cattelan al suo programma qualche mese fa, in occasione della presentazione del suo volume da premio Nobel “Prendetevi la luna”.
Leggere per credere, era il 28 settembre 2023 e io rimasi impressionato, perché capii che Crepet è un mix tra Steve Jobs e Franco Basaglia:
ALESSANDRO CATTELAN: “Che felicità, che gioia, grazie per essere passato a trovarci…
“Senti, ci sono tantissime cose su cui vorrei chiederti un parere… Ultimamente ho iscritto le mie figlie a tennis; volevano provare questo sport, le ho iscritte, e quando le ho portate lì la prossima cosa che mi hanno detto è: facciamo delle lezioni, ma è vietato l’accesso non agli sconosciuti, ma ai genitori. E mi è sembrata un’ottima cosa, questa.”
CREPET: “Fantastica”.
CATTELAN: “Cioè il fatto che i genitori fossero obbligati a non partecipare.”
CREPET: “Bisognerebbe farlo con le scuole”.
CATTELAN: “Anche” (applausi in studio) …
CREPET: “Secondo me bisognerebbe mettere un open day, un giorno all’anno, fosse anche il 4 novembre, e così tutti vanno là e vedono: “Che bell’istituto”; finito.
CATTELAN: “Quindi, seguirli a casa, seguirli nei compiti; qual è il limite che non deve essere superato?”
CREPET: C’è un motivo serissimo, dietro. Che bisogna fidarsi dei ragazzi e delle ragazze. Dobbiamo avere coraggio di credere in loro. Se uno sta li sempre attento, va a parlare con la prof di matematica, o addirittura ricorri al Tar se te lo bocciano… Lo sa che ho conosciuto due ragazzi quest’estate; son venuti dietro alla fine di una serata. Mi hanno chiesto: “Ma perché va via?”, “Prego”. “No, noi siamo qui io e il mio amico gli unici due che son stati bocciati alla maturità”. Io ho detto: “Ma siete dei geni”.
CATTELAN: “Come avete fatto?”
CREPET: “E’ impossibile!” (essere bocciati, ndr). 99,9 dice la statistica. Quindi io ho detto: non solo nelle Marche, in tutta l’Italia centrale. Perché non è facile farsi bocciare.”
CATTELAN: “Ci vuole del talento”.
CREPET: “E allora perché devi aiutare? Questa è una sconfitta che devi imparare; tutti siamo caduti dalla bicicletta.
Quindi perché uno deve tirare su la cosa, essere sempre tolleranti qualsiasi cosa, mettere il paracadute sopra un ragazzino e una ragazzina, perché?”
CREPET: “… A mia madre non piacevano i Beatles, a me sì. E’ un po’ strano adesso, a tutti piacciono i Maneskin; non trova?
“… Non bisogna fare le cose politicamente corrette; bisogna anche attraverso questo insegnare ai ragazzi che la diversità è un valore inestimabile”.
CREPET: “Guardi, la normalizzazione assomiglia alla neutralizzazione. E questo è un male per l’umanità; non c’è niente di interessante nella normalità; non è che se uno s’innamora di una persona, poi agli amici dici: “Com’è? E’ normale”. E’ un’offesa, giusto? Non capisco perché dobbiamo andare dietro a questa cosa. Prova te a fare qualcosa di tuo, e quella cosa li sarà a-normale perché non è uguale esattamente… Noi siamo unici; ognuno di noi è unico, perché non tirarlo fuori? …”.
Prendetevi la luna.
Già, ma a quando si perdonerà il successo in Italia?
di Alexander Bush