Perché anziché farneticare continuamente di complotti non prendiamo ad esempio uno come Steve Jobs per chiederci: ma cosa sarebbe riuscito a fare in Italia?
La farneticazione complottistica sulla Spectre-ora costituita dalla Trilateral Conspiracy, ora dalla Cia-in relazione alla demoplutocrazia che attaccherebbe la sovranità nazionale (l’espressione era di Benito Mussolini nel celebre discorso dal balcone di Palazzo Venezia giugno 1940), è la peggiore moda oggi prevalente in questa nostra Italia. Ma il complotto non è dei poteri forti in salsa liberista-magari esistessero (sic!)-, piuttosto assume lineamenti eversivi la disinformazione propagandistica dal Fatto Quotidiano che fa emergere un particolare interessante:c’è una convergenza, nemmeno poi così a distanza, sulla presunta “sconfitta della politica da parte della finanza” tra Paolo Cirino Pomicino “A Fra che te serve” e Gustavo Zagrebelsky. E c’è il sospetto che i due, considerata l’enorme intelligenza di entrambi, coltivino un disegno machiavellico perchè…Gustavo è reconditamente democristiano, e forse lo pensa anche il suo ex amico Scalfari. Vediamo le affermazioni manifesto di Zagrebelsky in una discutibile intervista “pret à porter” sul Fatto Quotidiano del suo condirettore:“Professor Zagrebelsky, che cosa l’ha colpita di più di quel documento profetico (memorandum 2013 di Jp Morgan, ndr)?”-“Prim’ancora del contenuto, del quale un po’ si è discusso, mi impressiona il fatto stesso che quel documento sia stato scritto. E che la sua esistenza non abbia suscitato reazioni. Non fa scandalo che un colosso della finanza mondiale parli di politica, istituzioni e Costituzioni come se queste dovessero rendere conto agli interessi dell’economia: rendere conto, non solo “tener conto”…
I politici che rivendicano a gran voce il proprio “primato” e difendono la “sovranità nazionale”, in realtà vogliono fare quello che farebbero i commissari ad acta, nominati dalla grande finanza”. Una Weltanschauung democristiana, appunto.
Confrontiamo il punto di vista del docente di diritto costituzionale con la visione dell’ex Ministro del Bilancio in quota Dc:“Quando l’ex console americano a Milano Semler dice che era informato già alla fine del ’91 di come sarebbero andate le cose, per me torna tutto. C’è un episodio rivelatore: nella primavera di quell’anno mi venne a trovare Carlo De Benedetti e mi disse che assieme ad alcuni suoi amici imprenditori voleva dare vita a un nuovo progetto politico. Mi chiese se avessi voluto diventare il “suo ministro”. E’ dalla primavera del ’91, metabolizzata la caduta del Muro, che si fa strada il disegno di cambiare la politica italiana”. Si tratta di deliri persecutori in piena regola.
Noi preferiamo credere alla versione di Alessandro Penati in un suo bellissimo articolo di tre anni fa su “la Repubblica” “Se Steve Jobs fosse nato in Italia” quando morì il visionario di Apple:“Il mondo onora la memoria del visionario che ha cambiato il nostro modo di comunicare. Colui che ha saputo coniugare crescita, innovazione, successo economico, tecnologia, carisma personale e qualità dei prodotti. Ma qui vorrei ricordare Steve Jobs come emblema di quello che è, può e dovrebbe essere il capitalismo di mercato, una lezione da imparare a memoria. Steve Jobs è l’imprenditore che ha creato Apple dal nulla, a 21 anni, con un amico di 26. Da noi è un giovane imprenditore chi lavora nell’azienda del padre, o l’eredita. Jobs non si è laureato:ha abbandonato gli studi per fondare la Apple. Da noi si passano sei anni a studiare economia all’università con l’aspirazione di andare a lavorare per qualcuno:meglio se una banca, McKinsey, o lo studio del padre. Mettersi in proprio è un incubo, non un sogno. Jobs ha cominciato l’attività in un garage, pagando i fornitori con il credito ottenuto grazie a un ordine di computer che esistevano solo sulla carta. Da noi, nessuno fa credito a un’idea; il garage non avrebbe rispettato le norme di sicurezza; e non ci sarebbero stati soldi per il commercialista…”. L’unico complotto, in Italia, è contro il capitalismo meritocratico.
Alexander Bush