Mercato libero all’italiana: “La vicenda Corriere della Sera”

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angelo
La vicenda del “Corriere della Sera” è emblematica di come funzioni il capitalismo e il mercato in Italia.
Il Corriere è gestito da tempo immemorabile da un “patto di sindacato”: sistema di gestione delle aziende tipicamente italiano: un certo gruppo di azionisti (in genere sempre quelli, il cosiddetto “salotto buono”) si accorda per conferire le sue quote in un unico blocco che ha la maggioranza.
In questo modo:

  • i singoli azionisti controllano l’azienda con una piccola quota (e quindi con impiego di pochi soldi e pochi rischi)
  • la situazione resta bloccata nel tempo: si evitano scalate e acquisti da parte di nuovi azionisti potenzialmente pericolosi: chi infatti spenderebbe per acquisire azioni praticamente inutili perché destinate comunque a rimanere minoranza?
  • C’è un risultato ovvio e inevitabile: la “foresta pietrificata”, un capitalismo senza soldi che vuole continuare a comandare senza rischiare, accontentandosi di rendite di posizione, di affari opachi e soprattutto senza concorrenza

Situazione, questa, che funziona sinché l’economia tira e il quadro economico resta fermo

Proprio quello che è successo al Corriere: dopo decenni di immobilismo, di gestione burocratica e clientelare, di veti incrociati, la crisi e alcune speculazioni opache e avventate (per esempio l’avventura spagnola) hanno fatto esplodere la crisi: l’amministratore delegato ha dovuto ammettere che senza un grosso aumento di capitale (anatema per azionisti abituati a gestire il tutto senza metterci soldi) non avrebbe potuto garantire la continuità aziendale (modo elegante per dire che avrebbe dovuto dichiarare fallimento).
Alcuni azionisti hanno rinunciato all’aumento e altri hanno acquistato i diritti all’inoptato (cioè a subentrare loro nell’acquisto di nuove azioni): operazione assolutamente normale in questi casi.

Ma, c’è spesso un ma, prima di procedere a questo acquisto Elkann a nome della Fiat ha pensato bene di avvisare telefonicamente Napolitano e Della Valle ha reagito con una lettera aperta sempre a Napolitano in cui chiedeva fosse tutelata la libertà di informazione ecc ecc.

A questo punto noi chiediamo: perché prima di fare una normalissima azione di borsa bisogna avvertire il Presidente della Repubblica? È forse il Corriere un’azienda di diritto pubblico, o un’azienda di interesse pubblico quali Poste, o forse esiste un qualche diritto di prelazione da parte dello Stato?
Nulla di tutto questo: il Corriere è una società di diritto privato che esercita una normale attività commerciale quale la pubblicazione di un giornale.

Quando alla fine dell’Ottocento un gruppo di imprenditori della borghesia illuminata milanese decisero che i giornali dell’epoca non soddisfacevano più le loro esigenze, ne fondarono uno nuovo (il Corriere per l’appunto) senza chiedere l’autorizzazione a Umberto I, semplicemente mettendoci i loro soldi, la loro faccia e affidandosi all’unico giudizio valido: quello del mercato, cioè dei lettori; se il giornale non piaceva sarebbe fallito, invece è piaciuto ed è diventato quello che è diventato.

Lo stesso dovrebbe valere per il Corriere di oggi (come per qualsiasi altro giornale): se qualcuno lo vuole ci metta i soldi e la faccia, lo gestisca come crede: saranno i lettori a giudicare e non il Presidente della Repubblica: se un giornale merita di essere letto, se è libero e interessante, se risponde ai loro interessi lo comprano, altrimenti ne comprano un altro e quello chiude…
È la legge del libero mercato che deve valere per ogni iniziativa economica: altrimenti avremo la solita economia che si vuol chiamare libera, ma che è un’economia ingessata, asfittica, burocratica, gestita nell’interesse dei soliti capitalisti “straccioni” e delle rendite di posizione.

Come da sempre sostengono i Comitati un vero libero mercato, trasparente, retto dalle leggi della concorrenza è quello che ci serve per uscire da questa terribile crisi e non quello che ci portato a questa crisi

Angelo Gazzaniga

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Angelo Gazzaniga
Presidente del Comitato Esecutivo di Libertates. Imprenditore nel campo della stampa e dell’editoria. Da sempre liberale, in lotta per la libertà e contro ogni totalitarismo e integralismo.

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