Modesta proposta contro il lavoro in nero

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Come per la burocrazia, dell’evasione fiscale si parla tanto, ma non si fa niente.

Sono varie le tipologie dell’evasione.
C’è quella della criminalità organizzata che maneggia grosse cifre di denaro in contanti e, naturalmente, in nero. E’ un problema da forze dell’ordine, forse diminuibile anche con qualche proiettile in piu’.
C’è l’evasione di operatori economici disonesti che con vari espedienti (società fasulle, contabilità nascoste e tanto altro), non versano al fisco quanto dovrebbero. Come fanno anche alcuni cittadini che hanno redditi consistenti. Vanno terrorizzati con pene maggiori magari proporzionate all’entità dell’evasione : processo per direttissima e tanti anni dietro le sbarre.
Poi c’è l’evasione di piccole somme. Scagli la prima pietra (agli evasori) chi non ha mai accettato o fornito prestazioni di lavoro o piccole forniture in nero. Evasione che per numero di operazioni e relative tasse evase comporta certamente grosse cifre.
Ma l’evasione spicciola è di due tipi. Vi è quella di piccole aziende, di lavoratori autonomi e di professionisti che sono formalmente e fiscalmente corretti, ma ai quali non dispiace fare ogni tanto anche del nero per pagare meno tasse o per cedere alla richiesta del cliente che non vuole fatture.
Questa evasione è frutto di una mentalità secondo cui “non è poi cosi terribile farlo, si è sempre fatto cosi’”. Per combatterla, oltre ai rigori della legge, c’è bisogno di una rivoluzione cuturale, bisogna che le cittadine e i cittadini italiani si convincano a rigare dritti, ad adeguarsi ai comportamenti di altri paesi dove vi è si’ del nero, ma non cosi’ tanto come in Italia.
Tanta evasione, tanto disprezzo di leggi e regolamenti contribuiscono a fare dell’Italia il paese europeo eticamente tra i peggiori, anche considerando tante corruzioni che si leggono ogni giorno sui giornali. Non guasterebe ricordare agli Italiani che in altri stati sono considerati i paria del rispetto di leggi e regolamenti sperando di suscitare una reazione di orgoglio nel paese.
Il secondo tipo dell’evasione spicciola è fatta da coloro che non hanno nessuna organizzazione formale per fare qualche lavoretto o qualche piccola fornitura. Come pensionati, lavoratori dipendenti, anche in cassa integrazione, la cui opera comporterebbe, se organizzata fiscalmente, complicazioni burocratiche e oneri non voluti.
Evasione fatta anche da chi non ha un lavoro, come casalinghe, studenti, altri che desiderano, quando possono, arrotondare le loro entrate.
Allora si fa una legge che consente ad essi di fare qualsiai attività lavorativa, di effettuare qualsiasi fornitura, regolarizzandole come segue.
Si riempie un modulo, disponibile in uffici postali, mettendo nome e codice fiscale del fornitore e di chi riceve la prestazione, la descrizione del lavoro o della vendita e il loro prezzo aumentato di una tassa ragionevole che viene pagata all’ufficio postale o in altri modi semplici. La tassa si intende secca ed il ricavato non deve essere incluso nella dichiarazione dei redditi del fornitore.
Si tratta di tassa, non di contributi per l’Inps di cui non hanno bisogno coloro che sono già in regola perchè lavoratori dipendenti o pensionati. Mentre coloro che non hanno alcuna situazione contributiva all’Inps non hanno bisogno di crearne una per qualche piccolo lavoro che, contributivamente parlando, rappresenterebbe solo qualche spicciolo di una contribuzione seria.
Questo, e la semplicità della procedura, potrebbe convincere molti a formalizzare le loro prestazioni.
Ma un cambiamento epocale nella mentalità evasiva degli Italiani avverrà solo se la politica, dal capo dello stato in giu’, farà della lotta all’evasione fiscale una bandiera da sventolare in continuazione.

di Ettore Falconieri

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