La situazione del Montepaschi di Siena la conosciamo tutti: una banca praticamente fallita non solo per l’operazione (folle) di acquisto di Antonveneta a un prezzo altissimo, ma soprattutto perché da sempre considerata una “banca del territorio”. Definizione che nasconde una gestione basata su concessione di crediti non sulla base dell’affidabilità ma delle amicizie o dei legami politici
assunzioni clientelari, ingerenze di ogni tipo da parte di partiti ed enti vari (basti ricordare il “finalmente avremo una banca” di Fassino).
Tutto ciò non poteva che portare prima o poi a una situazione fallimentare. Situazione evitata con l’entrata dello Stato nel capitale con un finanziamento di circa 3 miliardi: finanziamento che la Ue ha accettato di non considerare aiuto di stato purché il Ministero delle Finanze si impegnasse a vendere la partecipazione entro 4 anni con un’operazione di mercato.
Per anni i vari governi succedutisi si sono comportati secondo uno schema caratteristico della nostra politica: rinviare il tutto sperando nello stellone italico o nell’arrivo di un altro governo a cui lasciare la patata bollente.
Peccato che alla fine la scadenza si è avvicinata e allora è stato giocoforza cercare un compratore: impresa quasi impossibile perché nessuno si è fatto avanti; solo una recalcitrante Unicredit che ha posto tali e tante condizioni da farlo diventare l’affare del secolo: un compratore che invece di pagare un prezzo riceve 8 miliardi !
Alla fine, saltato tutto, la scadenza si avvicina e tutto resta in alto mare: c’è chi propone di chiedere alla Ue un rinvio della scadenza (come se 4 anni non fossero sufficienti per imbastire una vendita) , chi di fonderla con una banca in stato fallimentare come la Cassa di Risparmio di Bari per creare una fantomatica “Banca del Sud” ( come se riunire due debolezze potesse creare un successo), chi di farla continuare “stand alone”, elegante definizione per dire di lasciare tutto come prima, con la banca che continua da sola praticamente con le stesse modalità di prima. Una nuova Alitalia destinata a vivere continuamente alle spalle dei contribuenti chiamati a tamponare continuamente una situazione di deficit cronico; non bisogna dimentica che il Montepaschi risulta dagli ultimi “stress test” come la peggiore banca europea.
Tutte situazioni e operazioni che con il mercato non hanno nulla a che fare: in un vero mercato il prezzo viene stabilito dalla contrattazione tra le parti e se non esiste un compratore significa solamente che ciò che si vende (in questo caso il Montepaschi) non ha valore: nel caso di un’impresa significa che è fallita.
E non è una tragedia nazionale salvo che per i politici che usano e hanno usato la banca come un bancomat. È è già avvenuto altre volte e da li si è ripartiti: un caso esemplare è stato quello del Banco Ambrosiano.
Fallito per le scorribande di Calvi e compagnia, è fallito ed è stato riaperto nello spazio di un weekend: nessuno ha perso il lavoro, i correntisti sono stati tutelati e addirittura i piccoli azionisti hanno ricevuto azioni del Nuovo Banco Ambrosiano in cambio. Da lì è nata l’operazione che ha portato alla nascita di Intesa, la prima banca italiana.
Dobbiamo credere che la Prima Repubblica e Andreatta fossero meglio?
di Angelo Gazzaniga