Considerare Putin un alleato contro l’islamismo radicale potrebbe essere pericoloso perché Putin è il portatore di un ideologia radicalmente contraria alla democrazia
C’è qualcosa di morboso nella fatale illusione sempre più diffusa in Occidente: che si possa combattere efficacemente l’islamismo radicale, ormai all’offensiva in tutto il mondo, ricorrendo a un’alleanza con Putin. Che sia lui, l’uomo forte del Cremlino capace di schiacciare la Cecenia e di mettere a tacere i dissidenti (come la giornalista Anna Politkovskaija, assassinata sulla porta di casa) il possibile braccio armato di un Occidente ormai molle e incapace di concepire la guerra al nemico. Vien da pensare, con un brivido di raccapriccio, a quel godimento masochistico passivo denunciato a suo tempo dal dissidente russo Aleksandr Zinoviev: molti intellettuali occidentali, forse la maggior parte, a pochi anni dal crollo del comunismo non sapevano liberarsi da una specie di fascinazione omosessuale per la forza virile e aggressiva dell’ideologia bolscevica.
Eppure, basta guardarsi intorno e analizzare l’intervento russo in Ucraina, prima con l’occupazione della Crimea (che storicamente appartiene ai Tatari, e venne russificata con devastazioni e deportazioni dall’impero zarista) e poi con la organizzata secessione del Donbass, per riconoscere le manifestazioni di un nuovo virus totalitario: il nazicomunismo. Esso in qualche modo ritorna alle origini – quelle socialiste già indicate da Hayek sia per il nazionalsocialismo di Hitler che per il bolscevismo di Lenin e Stalin – ma allo stesso tempo guarda avanti: verso nuove forme di dominio all’interno, e conquista all’esterno. Il suo esponente più noto, in passato, è stato il serbo Milosevic, finito davanti al Tribunale internazionale del’Aja per crimini di guerra, ma ne sono esponenti attuali il presidente bielorusso Lukashenko, i politici russi Zhilinovskij e Zjuganov, lo scrittore incendiario Limonov, e naturalmente l’ex agente del Kgb Vladimir Putin. Come si manifesta concretamente questa ideologia? Essa unisce, sia pure in forma larvata, le caratteristiche totalitarie di entrambi i sistemi storici: partito unico dominante, capo assoluto, controllo poliziesco, repressione dura, assassinio mirato, irreversibilità del potere, terrore di massa come minaccia sempre possibile, controllo stretto dell’economia. A differenza del comunismo classico, tuttavia, il nazicomunismo ha abbandonato l’ideologia internazionalista (che, certo, in passato serviva come pura copertura, ma costituiva anche un potente strumento propagandistico all’esterno) sostituendola con il mito della superiorità etnica e culturale del popolo (in questo caso russo), il culto per lo spazio vitale, l’odio o il disprezzo per il diverso, la politica aperta di potenza, il controllo dell’economia pur senza ricorrere alla statalizzazione integrale.
Se poi analizziamo la composizione dei combattenti filorussi nell’est dell’Ucraina, è facile riscontare cinque principali componenti: agenti speciali di Mosca (come il colonnello della Gru Igor Strelkov, che ha diretto la prima parte delle operazioni militari); mercenari e veterani di guerra; criminali comuni (largamente presenti in un’economia mineraria disastrata come quella del Donbass); comunisti nostalgici dell’Urss; mafiosi locali (personaggi cioè in grado di controllare col denaro e le armi fonti di finanziamento lecite ed illecite). A queste componenti oggi, come ampiamente provato dalla Nato, si aggiungono migliaia di militari regolari russi… pardon, stavo per scrivere sovietici…
Mi sembra che tutto ciò dimostri come Putin, nonostante le apparenze, non sia un “conservatore”, anche se vuole chiamare il futuro Stato cuscinetto dell’Ucraina orientale “Novorossia”, come ai tempi dello zar. Non più di quanto lo sia stato Hitler, quando volle ripristinare antichi toponimi asburgici (come il Litorale Adriatico e o la Rutenia) per dare una qualche apparenza di legittimità alle sue brutali annessioni.
Dunque, l’ideologia di cui oggi è portatore Putin è intrinsecamente bellicosa e ostile a qualsiasi forma di democrazia. Il conflitto tra Occidente e Putinismo non è, o non è soltanto, economico: riguarda invece le dinamiche stesse interne del potere attuale di Mosca. Gli accordi con esso non potranno che rimanere tattici, validi cioè fino alla prossima occasione in cui il Cremlino troverà utile passare all’offensiva.
E questo sarebbe un possibile alleato contro l’altro totalitarismo di inizio secolo, l’islamismo radicale? Certo, potrebbe esserlo nel senso in cui Churchill – tanto per fare un nome – volle usare l’Urss per distruggere il Reich di Hitler, Salvo accorgersi troppo tardi di avere, con ciò, consegnato metà dell’Europa e un sesto delle terre emerse alla più longeva dittatura del ventesimo secolo.
Dario Fertilio