“Nazisti a chi?” Professoressa ucraina risponde ai pregiudizi

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L’intervista che segue, a cura di Stefano Magni, è tratta dal sito la Bussola Quotidiana

Kiev, si insedia oggi il nuovo governo. Il presidente ad interim è Olexander Turchynov e il nuovo corso è già iniziato. Prima di tutto sono iniziati i contatti con l’Ue. Poi si pensa a Viktor Yanukovych è stato privato del suo potere dopo un voto a maggioranza della Rada (parlamento) ucraina. Ed ora è ricercato: su di lui pende un mandato di cattura, da ieri. La sua residenza di lusso è stata esposta al mondo. Le foto mostrano la magione di un politico arricchito, con un lusso sfrenato, da satrapo orientale. Nel frattempo, la Piazza dell’Indipendenza, teatro di una rivolta ormai portata a compimento, si è trasformata in un luogo di commemorazione delle vittime.

Non tutti reagiscono con giubilo alla cacciata dal potere del presidente Yanukovych. In Russia, il premier Dmitri Medvedev protesta contro l’“ammutinamento armato” delle opposizioni ucraine. I media russi puntano il dito contro la “deriva nazista” ucraina. E molti, in Italia, danno più retta alla campana del Cremlino, sottolineando la presenza di Svoboda, il partito di destra che ha preso parte alla rivolta.

Ma è facile strumentalizzare un evento che abbiamo visto da lontano, nelle nostre televisioni. Tutt’altra cosa è essere presenti, come la professoressa Olena Ponomareva, docente di Ucrainistica all’Università La Sapienza di Roma. Era presente a Kiev al momento dello scoppio dell’insurrezione, nel “martedì di sangue”, il 18 febbraio scorso, di cui ha dato una drammatica testimonianza scritta in presa diretta. Abbiamo contattato telefonicamente la professoressa Ponomareva.

La prima notte di violenza, il 18 febbraio, è scoppiata all’improvviso dopo una settimana di calma. Lei c’era, ci può spiegare cosa sia successo?
Il 18 febbraio al Parlamento ucraino si sarebbe dovuta discutere la riforma costituzionale, ovvero il ritorno alla costituzione del 2004, per ridurre i poteri del presidente. Questo era uno dei punti cardine del Piano di pacificazione nazionale proposto dall’opposizione durante la profonda crisi politica ucraina: essa avrebbe spianato la strada, inizialmente, alla nomina di un nuovo governo tecnico per arrivare poi a nuove elezioni. Inoltre, il ritorno alla Costituzione del 2004 era stata la condizione indispensabile alla tregua tra il governo e la Piazza, in seguito agli scontri di gennaio scorso. Per sostenere le rivendicazioni politiche delle opposizioni e fornire loro un supporto psicologico durante le votazioni in Parlamento, decine di migliaia di manifestanti del Maidan (la piazza dell’Indipendenza, ndr) hanno preso parte a un corteo pacifico verso la sede del Parlamento. Sono stati fermati da un cordone di agenti delle forze speciali “Berkut” che ha impedito ai dimostranti di avvicinarsi all’edificio. Alcuni, però, sono riusciti ad aprirsi un varco e passare attraverso il cordone. Allora le forze speciali hanno cominciato a colpire i manifestanti con manganellate e pallottole di gomma, usando i lacrimogeni e persino ordigni esplosivi. Molti agenti sono saliti sui tetti dei palazzi per mirare con più precisione. Nel frattempo, dentro il Parlamento, l’opposizione tentava invano di far votare il progetto di legge sulla riforma costituzionale. I deputati del Partito delle Regioni di Yanukovych e i comunisti hanno semplicemente abbandonato la sala e la sede del Palramento. Alle quattro del pomeriggio l’assalto al Maidan è iniziato. Verso sera iniziava l’operazione delle forze speciali per ‘ripulire’ la Piazza. Vengono incendiate le tende dei dimostranti e la sede dei sindacati diventata il quartier generale del Maidan. Si parla di decine di morti e centinaia di feriti. Dal sito del Servizio di Sicurezza Nazionale viene annunciata una “operazione antiterroristica”, si fermano tutte le stazioni della metropolitana a causa della ‘minaccia terroristica’, viene bloccato il traffico nel centro di Kiev e tutte strade principali che portano alla capitale. Nonosante ciò, il Maidan, con diecimila manifestanti, resiste tutta la notte. Il giorno successivo a migliaia cominciano ad arrivare in rinforzo, corraggiosi da tutte le parti dell’Ucraina. L’“operazione antiterroristica”, che doveva finire in un’ora, in pratica dura tre giorni (è sintomatico che l’annuncio dell’operazione, dopo poche ore, sia sparito dal sito ufficiale del governo), decine di persone vengono uccise (la maggior parte colpite dai cecchini appostati nei palazzi governativi) e migliaia di persone ferite in modo grave. Il paese è il mondo intero è sotto shock. Il tentativo del presidente di reprimere nel sangue la protesta popolare è diventato la fine del suo regime.

Come ritiene che abbia reagito l’Italia agli eventi di Kiev?
Sono appena tornata da Kiev dove il 21 febbraio ho partecipato alla cerimonia funebre a Maidan in memoria dei caduti negli scontri. Alla cerimonia si sono riuniti i ministri degli Esteri della Polonia e della Germania che si trovavano a Kiev per una mediazione tra Yanukovych e l’opposizione ucraina. Dal palcoscenico, i leader del Maidan hanno ringraziato l’Unione Europea e alcuni singoli paesi per la soliedarità nei confronti del popolo ucraino, citando anche l’Italia. Purtroppo, per sbaglio (nel quale è manifesta la simpatia degli ucraini per l’Italia), visto che non c’è mai stata alcuna dichiarazione ufficiale del governo italiano. Mentre altri governi europei, tra cui quelli della Germania, della Francia, del Regno Unito, della Svezia, della Polonia, della Lituania e molti altri, esprimevano la condanna delle violente repressioni e il cordoglio per le numerose vittime, il nuovo ministro degli Esteri Mogherini si è limitata a esprimere la preoccupazione sulla situazione in Ucraina. È ovvio che la signora Mogherini abbia appena ricevuto la sua nomina, ma a Kiev lavorano diplomatici italiani di altissima professionalità, a cominciare dall’ambasciatore Fabrizio Romano che sta aggiornando in continuazione la Farnesina sulle decisioni del Parlamento ucraino e sugli sviluppi della situazione politica nel paese. Si ha avuto impressione che le loro relazioni non fossero state lette con dovuta attenzione.

Come avrà visto dalla stampa italiana, qui si teme una deriva neo-nazista della rivolta in Ucraina a causa della presenza di Svoboda fra i partiti che erano in piazza. Timori fondati?

Mi sento di nuovo sconvolta (e non meno di quando vedevo gli scontri di qualche giorno fa a Kiev), questa volta da cittadina italiana, dall’insensibilità e, mi permetta, dall’incompetenza. L’insensibilità non soltanto politica, ma anche umana. Tra i morti a Maidan c’erano un ragazzo di origine armena, uno di origine bielorussa, c’erano gli ucraini originari della parte occidentale dell’Ucraina (c’era, per esempio, un ragazzo di Leopoli, di 23 anni, appena tornato da Roma dove studiava all’Università Pontificia), ma anche del centro e dell’Est del Paese. Sono morti giornalisti, medici, un deputato, un attore… Molti di loro parlavano russo, ma sono scesi in Piazza per ottenere giustizia e libertà oppresse dal regime antidemocratico e profondamente corrotto. Peccato che alcuni politici in Italia (che è, lo dimentichiamo spesso, la patria dell’umanesimo) non siano stati in grado di capire gli ideali di Maidan, ma hanno visto nelle proteste ucraine una ‘deriva neo-nazista’. Simili definizioni di fenomeni complessi con le ‘eticchette’ semplicistiche e prevalentemente denigratorie sembrano riecheggiare la retorica anti-ucraina del governo russo, a cominciare da quella ben nota del ministro degli Esteri Lavrov, che più volte ha parlato qui in Occidente (una delle più memorabili è stata la sua dichiarazione alla Conferenza sulla sicurezza internazionale a Monaco di Baviera): talvolta di estremisti di piazza, altre volte di terroristi e radicali, e poi ancora di nazionalisti, fascisti e così via. Ma ogni persona ragionevole si rende conto che non possono essere estremisti (terroristi, nazionalisti, fascisti ecc.) decine di milioni di persone in Ucraina che chiedevano le dimissioni del presidente Yanukovych, già delegittimato agli occhi del popolo a causa di una pessima gestione della crisi politica e sociale, macchiato di sangue dopo l’ordine che ha impartito di usare la forza contro i manifestanti già un mese fa. Il problema maggiore, a mio avviso, è la mancanza delle informazioni oggettive sull’Ucraina e sugli altri Paesi dell’Est europeo: non soltanto l’ignoranza delle problematiche di questi paesi da parte dei politici e, di conseguenza (purtroppo) da una grande parte dell’opinione pubblica, ma anche l’assenza di interesse verso queste problematiche. E poi gli italiani “si svegliano” in mezzo a qualche ‘rivoluzione’ e i politici cominciano a eticchettare gli eventi a loro sconosciuti. Una delle cose che andrebbe fatta subito per ovviare queste incomprensioni, oltre che alle informazioni approssimative e, spesso, tendenziose, è mandare un corrispondente fisso a Kiev. Ai tempi della rivoluzione arancione di 10 anni fa in Ucraina noi con Giovanna Brogi, professore ordinario dell’Università di Milano abbiamo inviato una lettera aperta ai direttori dei Tg Rai (pubblicata sul “Corriere della Sera”) con la proposta di cercare di ‘variare’ i corrispondenti in Ucraina, magari chiedendo i servizi a quelli di Varsavia e non solo a quelli a Mosca, almeno per avere anche un punto d’osservazione diverso. Nessuna risposta dai direttori e un distratto commento di Sergio Romano sul Corriere, che adesso si lamenta di non sapere chi siano i manifestanti.

In Italia, come sa, c’è una crescente ostilità per l’Unione Europea. Pochi capiscono il senso di una rivolta per l’Europa. Come viene vista e vissuta l’Europa in Ucraina?
È sintomatico che le proteste in Ucraina siano cominciate tre mesi fa, dopo che l’allora presidente aveva rifiutato di firmare l’accordo di libero scambio con l’Ue. I primi a protestare sono stati i giovani, gli studenti universitari di Kiev e delle altre città del Paese. Dopo la prima repressione del 30 novembre 2013, quando gli studenti sono stati brutalmente picchiati dalla polizia, la protesta pro-europea si è trasformata nella rivolta generale anti-Yanukovych, per difendere i propri diritti civili e morali garantiti dalla Costituzione. Gli ucraini, specialmente dopo le tragiche vicende degli ultime settimane, sanno distinguere l’Europa dall’Unione europea. La concezione dell’Europa per gli ucraini non è dissimile da quella che avevano le altre nazioni dell’Est europeo separate dagli altri europei dalla cortino di ferro. Ma per gli ucraini che conobbero, oltre al totalitarismo, la condizione coloniale e post-coloniale, il significato dell’Europa è ancora piu’ profondo: oltre alla libertà e alla giustizia, la dignità umana e nazionale.

Adesso che c’è un mandato di cattura per Yanukovych come pensa che reagiranno le regioni dell’Est e la Crimea che lo hanno votato nelle ultime elezioni?
La situazione in Ucraina dopo la destituzione di Yanukovych è molto tesa e nessuno scenario è escluso, compreso il rischio dello smembramento del Paese e di una guerra, alimentata però dall’esterno. Bisognerebbe sfatare un altro mito sulle due Ucraine ‘contrapposte’: quella orientale contro quella occidentale. Qui però, per non sembrare ‘di parte’ a causa delle mie origini ucraine, preferisco rimandare i lettori a un’analisi del politologo britannico Uilleam Blacker intitolata “Ukraine–Divided or Diverse” (Ucraina – divisa o diversa”). Dalla mia esperienza personale posso dire soltanto che, nonstante le differenze regionali che esistono in tutti i Paesi territorialmente grandi, la gente dell’Est dell’Ucraina condivide con l’Ucraina occidentale e centrale gli stessi valori civili e morali che, volendo, possiamo chiamare anche ‘europei’. Ma nel senso di ideali e principi di Jean Monnet et Robert Schuman e con grande delusione per le incertezze e titubanze di alcuni politici occidentali e degli euroburocrati di Bruxelles che non condividono più gli stessi ideali.

Stefano Magni

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