Una delle tante leggine inutili e alla fine controproducenti…
Un vero liberale confuta certe tesi, non le penalizza!
Una leggina approvata dal Senato commina sino a tre anni di galera e 10.000 euro di multa “a chiunque pone in essere attività di apologia, negazione, minimizzazione dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra (…) o propaganda idee, distribuisce, divulga o pubblicizza materiale o informazioni con qualsiasi mezzo, anche telematico fondati sulla superiorità o sull’odio razziale, etnico o religioso (…) fa apologia o incita a commettere o commette atti di discriminazione, per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” non solo a mezzo stampa, ma anche “utilizzando reti di telecomunicazione disponibili”?
Approvata in pochi minuti dal Senato con consenso inconsueto (234 voti favorevoli, 8 astenuti e 1 contrario), proprio mentre le statistiche dicono che la libertà di stampa in Italia è crollata sul fondo della classifica planetaria, la leggina conferma che non basta essere senatori per essere saggi. Accolta dall’imbarazzato silenzio dei commentatori (televisioni, quotidiani…, con la coraggiosa eccezione di Salvatore Sechi che ha ricordato il monito di duecento storici professionali contro la sua approvazione), essa passerà ora alla Camera e, complice l’isterismo dilagante, forse verrà persino approvata: fermo restando che può essere impugnata per manifesta incostituzionalità (e meno male che nella Corte siedono storici insigni quali Giuliano Amato).
Al momento bisogna sperare che cada nel nulla, come tante altre norme deliranti, perché, come ogni legge dal doppio e triplo taglio, questa potrà avere conseguenze devastanti per la libertà di pensiero e della sua pubblica espressione.
Per coerenza con la leggina sul negazionismo butteremo alle fiamme “Marzo 1821”, l’ode in cui Alessandro Manzoni spiegò che gli italiani sono gente “una d’arme, di lingua, di altare/ di memorie di sangue e di cor”: ritratto a tutto tondo (completo di motivazioni razziali, religiose, storico-memoriali) di un “popolo eletto”, la cui rivendicazione identitaria per motivi logico-cronologici comporta la discriminazione delle altre genti (da gens: genere, quindi “sangue”)? E strapperemo la “lotta di liberazione” invocata dal gracile Giacomo Leopardi nella “Canzone all’Italia”, inno al volontariato sacrificale (“l’armi, qua l’armi/ combatterò sol io, procomberò…”)?
La leggina approvata dal Senato è una imitazione pedissequa di quelle introdotte in altri paesi europei per condannare chi nega o sminuisce (nei metodi e nei numeri) lo sterminio degli ebrei da parte del nazismo. Ove varata, la legge non ha impedito che l’antisemitismo sia dilagato e dilaghi in forme sempre più aggressive né che i governi degli Stati anti-negazionisti facciano affaroni con i regimi che pubblicano, diffondono e insegnano i Protocolli dei Savi di Sion e con altri regimi liberticidi e crudeli e conducano guerre sanguinose dagli esiti incontrollabili.
Quanti negano la “soluzione finale” della Germania nazista ai danni degli ebrei (o lo sterminio degli armeni da parte dei turchi o i tanti altri massacri perpetrati nel presente e nel passato prossimo e remoto) vanno confutati, documenti alla mano, messi alle corde e azzittiti sul piano storiografico, senza però farne i nuovi martiri di una libertà di pensiero di segno capovolto. Peggio ancora è immergere lo “sterminio” del 1938-1945 nell’ “antisemitismo”, che ha una storia millenaria (va riletta la grande opera di Poliakov!), e nel brodo indistinto dei “crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra” definiti dalla corte penale internazionale, che giudica e manda secondo che avvinghia e che tra qualche tempo verrà àdita anche dai Palestinesi contro lo Stato di Israele.
Le leggi regolano i rapporti tra lo Stato e i cittadini e tra i cittadini: rispondono a necessità. Diversamente sono “grida” di manzoniana memoria. La norma in corso di approvazione in Parlamento non colpisce affatto il bersaglio: è una verbosa deprecazione di alcune tra le molte possibili apologie della guerra e dei suoi effetti collaterali. Ma pretendere di abolire per legge la guerra, l’odio o l’immoralità, peggio che infantile è pericoloso.
Se la leggina (che modifica l’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n.654 detta “Reale” dal ministro che la propose, il repubblicano Oronzo Reale, nativo di Troia) fosse approvata dalla Camera ed entrasse in vigore costituirebbe terreno di contenzioso vastissimo e, ciò che più va temuto, potrebbe essere piegata a scopi e usi impropri. Non v’è bisogno di scomodare il caso di Julius Evola, che fu perseguito come ispiratore di alcuni “destrorsi” che forse non ne avevano neppure mai letto le opere o non le avevano capite, come ricorda Gianfranco De Turris nella nuova edizione di “Il Cammino del Cinabro” ( Ed. Mediterranee).
Più leggi, meno libertà: più spazio ai querelanti, più campo a “interpretazioni” e a “sentenze creative” su libertà di ricerca, di studio, di confronto pacato. Prima che venga dato un ulteriore giro di vite dell’oscurantismo e del conformismo dilagante, va detto in modo chiaro che il negazionismo non si combatte con una nuova Inquisizione, con una “caccia alle streghe”, mescolando in un unico calderone realtà storiche diversissime e generiche come i “crimini contro l’umanità” e i “crimini di guerra”-
Aldo A. Mola