Tutti i difetti dell’Italicum
L’Italicum, cioè la nuova legge elettorale entrata in vigore in luglio a opera del governo Renzi, è un mostro giuridico e un’assurdità politica da respingere senza incertezze.
Esso infatti inietta nel vecchio sistema partitocratico della Prima Repubblica – basato sul metodo proporzionale – una serie di princìpi arbitrari, frutto di una cultura superficiale e conformistica, destinati ad essere fonte di storture, dispute, ingiustizie e contestazioni successive. Ma soprattutto, va in direzione opposta al desiderio ripetutamente manifestato dai cittadini e da Libertates: regole chiare, semplici, che premino il merito e la qualità dei candidati.
In un confuso accumulo l’Italicum contiene infatti:
- collegi plurinominali: in questo modo, anziché giudicare la personalità e la riconoscibilità del candidato, e valorizzare la sua responsabilità di fronte agli elettori, si vota il simbolo e la pseudo-ideologia di partito
- preferenze: così si rilancia la corsa al voto di scambio, alle cordate sottobanco e più in generale alla corruzione
- esclusione delle candidature indipendenti: logica conseguenza di quanto sopra e con sudditanza implicita alla partitocrazia
- ripartizione dei seggi su base nazionale: cioè centralizzata, con totale rigetto del federalismo e delle particolarità regionali
- ripartizione delle candidature e degli eletti per genere: non secondo il merito (indipendentemente dal sesso, religione, età, istruzione eccetera) ma in base a gabbie sessuali, stabilite a loro volta secondo complicati, arbitrari e corporativi criteri quantitativi di appartenenza.
- capolista bloccati: decisi dalle insindacabili alchimie di partito
- capolista candidabili fino a dieci circoscrizioni diverse: in spregio al principio secondo il quale il candidato dovrebbe risiedere nel collegio, in modo da poter conoscere le istanze locali dei cittadini ed essere da loro giudicabile secondo il suo operato
- sbarramento al 3 per cento: per accedere ai seggi bisogna superare questa tagliola, sicché un partito o un candidato anche fortemente rappresentativo di una realtà locale viene automaticamente escluso. (Perché poi lo sbarramento non al 2 o al 4? Non esiste evidentemente nessuna risposta logica a questa domanda). Ovvio che qualsiasi formazione attuale o futura provvederà a contestare, del tutto legittimamente, questa norma-tagliola
- premio di maggioranza: un modo per truccare i risultati, assegnando una schiacciante preponderanza in seggi a chi supera il 40 per cento dei consensi (anche qui: perché il 40 e non il 30 o il 45? Non esiste nessuna risposta logica neppure a questa domanda). Si apre così la strada a nuove future contestazioni e – perfettamente legittime – richieste di modifiche
- sistema speciale uninominale solo per due regioni (Trentino Alto Adige e Vall’Aosta): ma perché queste devono poter usufruire del sistema maggioritario e le altre no?
- collegamento organico con la riforma istituzionale: avviene attraverso una serie di rimpalli contenuti nell’uno e nell’altra. Mentre però la riforma istituzionale è destinata ad essere giudicata nel prossimo referendum, l’Italicum viene imposto ai cittadini. Ma la riforma istituzionale si basa a sua volta sulla scandalosa sottrazione di una delle Camere (cioè il Senato) al voto popolare, generando un perverso sistema di scatole cinesi. Infatti il metodo elettivo per il Senato è regolato in modo talmente astruso e incomprensibile da suonare come uno sberleffo al principio della sovranità popolare e della democrazia diretta. (E da generare il sospetto che si sia voluto alzare apposta una cortina fumogena per impedire ai cittadini di comprendere il funzionamento del sistema).
Per queste buone ragioni i liberali devono dire no all’Italicum, e per farlo devono votare NO nel prossimo referendum. Se riforma dev’essere, che sia maggioritaria, con obbligo di primarie per la scelta dei candidati, con apertura agli indipendenti, con la vera abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.
Dario Fertilio