Cosa collega una badante polacca e Obama?
Vorrei segnalare ai lettori due fatti apparentemente disconnessi tra di loro: il 1 settembre 2018 una badante polacca, da tempo segnata da problemi psichiatrici, ha ucciso la curatrice del Museo del Giocattolo di Canneto, un paese di 4mila abitanti in provincia di Mantova. Leggo testualmente dalla cronaca di Ilaria Carra e Luca De Vito:“Il presidente del museo del Giocattolo di Canneto è appena salito in ufficio con un volontario quando sente le urla dall’atrio. Ed è lì, all’ingresso, che corre subito e trova la curatrice per terra, piena di sangue, con una profonda ferita all’addome. Vittima della furia omicida, e apparentemente ingiustificata, di una donna di origini polacche, una badante di 58 anni. Che poi non si ferma. E accoltella altre tre persone. Ferendole, una in modo serio…”. Furia apparentemente ingiustificata, come puntualizzano bene i cronisti, perché in realtà c’era una logica estremamente coerente nel raptus di follia della badante polacca che aveva gli occhi fuori dalle orbite: la sua vita era senza scopo, non c’erano passioni, interessi, finalità di lungo periodo (non c’era lo sforzo delle passioni, soprattutto, nella disciplina che esse comportano) – e l’impazzimento psicotico era prima o poi inevitabile.
Veniamo così al discorso di Barack Obama, predecessore di Trump, ai funerali del senatore repubblicano John Mc Cain: Obama non ha detto assolutamente niente. Anzi, la sua dichiarazione – di cui si riportano qui i passaggi più essenziali –è stata intrisa di una ipocrisia a tratti insopportabile:“In apparenza, John Mc Cain e io non potevamo essere più diversi. Apparteniamo a generazioni diverse. Io vengo da una famiglia divisa e non ho mai conosciuto mio padre. John era figlio di una delle più illustri famiglie militari d’America. Io ho fama di saper mantenere la calma, John non così tanto… John aveva a cuore le istituzioni autonome, la nostra Costituzione, la nostra Carta dei diritti, lo Stato di diritto. La separazione dei poteri. Sapeva che in una nazione grande, irrequieta e variegata come la nostra, quelle istituzioni, quelle regole, quelle norme sono ciò che ci tiene uniti. Danno forma e ordine alla nostra vita comune. Anche quando non siamo d’accordo. John credeva in un confronto onesto e nell’ascolto delle opinioni altrui (immaginatevi voi un leader che creda in un confronto disonesto, ndr). Aveva capito che se ci abituiamo a distorcere la verità per adattarla alla convenienza politica o all’ortodossia del partito, la nostra democrazia non può funzionare. Ecco perché a volte era pronto a opporsi al suo partito. Ecco perché ha sostenuto una stampa libera e indipendente come elemento vitale per il nostro dibattito democratico. John capì, come aveva capito JFK, come aveva capito anche Ronald Reagan, che una delle cose che rendono grande il nostro Paese è che la nostra unione non si basa sui legami di stirpe, sul nostro aspetto, sui nostri cognomi, sul luogo di provenienza dei nostri genitori o dei nostri nonni, ma sull’adesione al credo comune che siamo stati tutti creati uguali…”. A parte che l’ultima frase (siamo tutti uguali) è degna della Fattoria degli Animali. In sostanza? Obama non ha detto niente di originale. Ma era convinto di aver fatto un bel discorso e ci ha messo passione, impegno, vitalità. Ha riempito la sua giornata. E il suo narcisismo ne è risultato soddisfatto. La badante polacca, invece, non ha dato alcun senso alla sua vita. E si è rovinata.
Cari lettori, il senso di questo modesto articolo è: impegnatevi a inseguire uno scopo, una missione, una passione nella vostra vita. Soprattutto i più giovani, in una generazione dedita allo sfascio delle proprie mansioni. E non finirete come la badante che ha ucciso quasi 4 persone, rovinandosi. Perché… dopotutto, pur tra le sue mille mostruose contraddizioni, la vita può essere davvero un viaggio meraviglioso. Omnia vanitas et vanitas vanitatum… Come insegnava Oscar Wilde, “la maggior parte di noi vive nelle fogne. Ma c’è chi lo fa guardando le stelle”. Se non ora, quando?
di Alexander Bush