Papa Francesco, De Gregori e i conigli

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Alcune riflessioni su Papa Francesco

A Papa Francesco donai le riflessioni su Schelling e la sua “fortuna” fino a Croce e Assunto ( “Il vivente originario”, con prefazione di Franco Bosio, Albatros, Libertates Libri 2013; e “Lo spirito soffia dove vuole”, “Libertates” – Saggi). E il Pontefice me ne ringraziò, anche se qualche altro “pontefice minimo”, nel composito mondo del “volontariato”, allusivamente suppose: “Come puoi dirti cristiano, se volti le spalle a ‘migrantes’ ed emarginati ?”

Ecco come: data e non concessa la plausibilità della stucchevole e virtuale obiezione, “Non possiamo non ‘dirci’ cristiani”, proprio alla luce della preghiera pensante di San Paolo, nella Epistola I, 1-13 ai Corinzi, che illuminò – tra l’altro – il catartico finale di “Film Blu” del Kieslowskj: “Se non hai la carità nulla ti giova” ( nemmeno aver donato ai poveri tutti i tuoi averi, né posseduto tutta la sapienza o risuonato come un cimbalo: vedansi i recenti casi di corruzione indagati nel “terzo settore” ). Del resto, già Montale nel “Diario del ’71 e del ’72” ( Mondadori, p. 32) aveva mostrato “Dove comincia la carità”: “Questa violenta raffica di carità / che si abbatte su di noi / è un’ultima impostura”, E confutato la teoria progressista, fanatica, totalitaria della storia: “La storia non si snoda come una catena di anelli ininterrotta” o la “Fanfara” de “lo storicismo dialettico / materialista / autofago / progressivo / immanente /irreversibile/ sempre dentro / mai fuori / mai fallibile / fatto da noi / non da estranei/ propalatori /di fanfaluche credibili / solo da pazzi” (“Satura”, Mondadori 1971, pp. 51-52 e 65-67 ). Di più, anche se certo ad
altro riguardo, in “A un gesuita moderno”, quasi profeticamente aveva poetato: “Paleontologo e prete, ad abundantiam / uomo di mondo, (…) ti dirò che la pelle mi si aggriccia / quando ti ascolto” ( “Satura”, p. 57). Gioco, partita, incontro.
Ora meravigliano, infatti, talune affermazioni di Papa Bergoglio, suscitatrici di ampio dibattito ma anche
di “discorsi duplici” e correzioni “a posteriori”. Tra codeste, si può forse cogliere una sorprendente analogia tra i versi di Francesco De Gregori, a proposito dei “cinque figli venuti al mondo come conigli”, tratti da “Generale”, e le esternazioni pontificali sulla cosiddetta “paternità responsabile”. Dove il numero dei figli, caratterizzato come esorbitante dal cantautore italiano, e il connesso paragone dell’atto d’amore libero creativo con il mero istinto animalesco dei “conigli”, paragone assunto ovviamente in senso spregiativo (ma il Papa non aveva prima detto che anche gli animali sono destinati al Paradiso ?), trovano singolare “pendant” nella allocuzione di Papa Francesco, peraltro nella stessa linea di analoghe affermazioni a proposito della concessione dei sacramenti ai divorziati o della revisione dello “status” costituzionale della “famiglia”. “Absit iniuria verbis”. Ma francamente mi sembra di attraversare un momento “apocalittico”, in senso etimologico di “disvelamento” degli orizzonti destinali per le sorti della umanità, frutto – magari – di una cultura postsessantottesca mal assimilata.
“Questa raffica di carità è una estrema impostura. / Le rime sono come le dame di San Vincenzo. Battono alla porta e insistono”. / Così recitava il poeta della giovinezza Eugenio Montale. Di seguito provo a riattualizzarlo: Papa Francesco, cui i miei pensieri su Schelling osai dedicare /, non le mera “crudeltà” ma il “fanatismo” si dovrebbe condannare. / Né il terrorismo di “qualche isolato” / a “quello di Stato” semplicisticamente equiparare. / Salvo, a seguire, “altro discorso” apprestare. Papa Bergoglio ( sulle note di “Generale” ), / sembri ‘doppiopesismo’ talor
coltivare./ Metter la tradizione in non cale, / per facile consenso acquistare. / E i “cinque figli, / venuti al mondo come conigli’,/ da Francesco De Gregori, oh non copiare. / Se la “casistica prudenza” al pugno alzato è da subentrare, / oh i sistematici insulti, interni o esterni, al Papa Benedetto / nemmeno sarebber da dimenticare. / La “Carità”, San Paolo avea detto, / ogni altra virtù dee superare

Giuseppe Brescia

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Giuseppe Brescia
Filosofo storico e critico, medaglia d'oro del MIUR, Premio Pannunzio 2013 e Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica,Componente dei Comitati per le Libertà, ha procurato di innestare storicismo epistemologia ed ermeneutica. Dopo la fase filologica('La Poetica di Aristotele','Croce inedito' del 1984 ),ha espresso un sistema in quattro parti: 'Antropologia come dialettica delle passioni e prospettiva', 'Epistemologia come logica dei modi categoriali', 'Cosmologia', 'Teoria della Tetrade', 1999-2002).Per Albatros ha pubblicato il commento alla lezione di Popper in'Maledetta proporzionale' (2009,2013);'Massa non massa.I quattro discorsi europei di Giovanni Malagodi'(2011);'Il vivente originario'(saggio sulla filosofia di Schelling, con prefazione di Franco Bosio, Milano 2013); 'Tempo e Idee. Sapienza dei secoli e reinterpretazioni', con prefazione di Bosio (2015).I temi del tempo e del 'mondo della vita' si intrecciano con le attualizzazioni del 'male', da '1994'.Critica della ragione sofistica (1997), 'Orwell e Hayek', 'Ipotesi su Pico'(2000 e 2002) sino al recente'I conti con il male.Ontologia e gnoseologia del male'(Bari 2015).E' Presidente della Libera Università 'G.B.Vico' di Andria

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