Quale futuro per Bankitalia e il debito italiano?
In questi giorni si fa un gran parlare della riconferma di Visco a governatore di Bankitalia. È una classica disputa politica all’italiana: la maggior parte dei politici partecipa a questa battaglia per ragioni esclusivamente di propaganda elettorale, mentre c’è da dubitare che agli italiani interessi la sorte di Visco.
Invece si dovrebbe aprire un dibattito non sul futuro di Visco, ma sul futuro stesso di Bankitalia.
In questi ultimi anni essa ha perso due delle funzioni fondamentali che aveva: la gestione della moneta, passata alla Bce, e il controllo delle banche (almeno le maggiori) anch’esso passato agli organi europei.
Si aprono due problemi
- uno strutturale e organizzativo: è ancora necessario mantenere una struttura elefantiaca quale l’attuale, con sedi staccate in quasi ogni provincia, con costi e impiego di personale ormai ingiustificabili quando tutto ormai è digitale e i controlli possono essere effettuati (volendo) in tempo reale e in remoto? Che senso ha avere sedi provinciali quando le stesse banche hanno sistemi di gestione centralizzati?
- L’altro problema è di strategia. L’Italia continua ad avere un debito pubblico mostruoso: anche quest’anno è aumentato, raggiungendo l’impressionante cifra di oltre 2200 miliardi di euro. Ebbene, in questi ultimi anni, grazie al Quantitative Easing della Bce, siamo riusciti a contenere la spesa per gli interessi in 66,3 miliardi nel 2016, quando la stessa spesa (per un debito minore) è stata nel 2012 di 83,6 miliardi.
È evidente che, alla riduzione ormai prevista del Quantitative Easing e al relativo aumento dei tassi, la spesa è destinata a salire. Una ricerca (dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio) ha calcolato che un aumento dello spread di circa 100 punti (da circa 200 a 300; ipotesi altamente plausibile visto che nel 2012 era salito ad addirittura 530!) comporterebbe un aumento della spesa di 13 miliardi in tre anni. E questa è un’ipotesi ottimistica, un aumento superiore dello spread porterebbe a costi insostenibili per il bilancio statale. Come attutire l’impatto inevitabile sui conti? Quali politiche monetarie e fiscali adottare?
Ecco la necessità di avere una politica consapevole, che faccia campagna elettorale cercando certamente di conquistare voti, ma senza fare promesse assurde o peggio senza rinunciare ad affrontare i veri problemi del Paese.
Per ottenerlo Libertates da sempre propone un meccanismo elettorale che consenta ai cittadini di scegliere il proprio candidato,valutare quanto da lui promesso, e giudicarlo alla fine del mandato in base a quanto ha effettivamente fatto: un sistema uninominale con primarie garantite e certificate.
di Angelo Gazzaniga