Pensioni all’italiana, una montagna di debiti

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L’INPS è (o dovrebbe essere) a tutti gli effetti un’assicurazione; obbligatoria, a gestione statale quanto si vuole, ma nata e vissuta come assicurazione. Cioè; io verso dei soldi (il premio) che mi verranno restituiti (tutti assieme o sotto forma di pensione) a una determinata scadenza (la rendita).
Quindi anche per l’INPS il meccanismo dovrebbe essere lo stesso: l’istituto incamera i mei soldi (le trattenute e i versamenti pensionistici) che mi restituirà dopo una certa data sotto forma di pensione.
Ed è quello che più o meno viene fatto intendere. Invece la realtà è molto diversa: l’INPS ha patrimonio negativo: cioè non possiede nulla. Le pensioni vengono pagate solo grazie ai versamenti contributivi di chi attualmente lavora. Oppure, se vogliamo vedere il problema dalla parte opposta, i miei versamenti non servono a costituire un gruzzolo per la mia vecchiaia, ma a pagare le pensioni attualmente erogate.
Già ora la gestione è negativa: lo Stato versa decine di miliardi per integrare quei fondi (non quelli tradizionali dell’industria, ma quelli degli agricoltori e degli statali) che altrimenti non sarebbero in grado di pagare le pensioni.
Certo, le pensioni non sono a rischio, ci pensa lo Stato a colmare i deficit; ma in questo modo c’è un continuo drenaggio di risorse statali e un ulteriore incremento del debito pubblico già di proporzioni mostruose: infatti ai 2000 e passa miliardi va aggiunto il monte pensioni (cioè le pensioni future) che non è coperto in alcun modo se non con debiti futuri.
Sarebbe davvero il momento di considerare una seria riforma del welfare a partire dalla eliminazione totale per il futuro, in qualsiasi forma, delle pensioni a calcolo retributivo. Occorre salvaguardare i diritti acquisiti perché chi è andato in pensione con il sistema retributivo ha semplicemente utilizzato una norma esistente e ha programmato il proprio futuro su redditi garantiti dallo Stato, ma si potrebbe ipotizzare una possibile soluzione per le pensioni retributive: versare una parte marginale (10%) di quanto eccede una certa cifra (100000 euro annui ?) in titoli di Stato. Il pensionato non avrebbe nessun taglio alla pensione, e lo Stato sposterebbe in avanti di anni il momento del pagamento della cedola. Una scommessa sul futuro? Certamente, ma senz’altro meglio del non fare nulla e lasciare che il debito salga oppure del tagliare delle pensioni già erogate in base a criteri sempre e comunque arbitrari e contrari al patto tra stato e cittadini. È un sistema che fu già utilizzato dall’INPS decenni fa, all’epoca dell’iperinflazione.
Altrimenti rischiamo davvero di consegnare ai giovani un futuro senza pensioni e pieno di debiti.

di Angelo Gazzaniga

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Angelo Gazzaniga
Presidente del Comitato Esecutivo di Libertates. Imprenditore nel campo della stampa e dell’editoria. Da sempre liberale, in lotta per la libertà e contro ogni totalitarismo e integralismo.

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