Per una volta parliamo di Cristo: fede contro ideologie

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Pubblichiamo un articolo di Georgij Mitrofanov, docente all’Accademia teologica di San Pietroburgo e studioso di Solov’ev.
Egli pone al centro del suo intervento una questione assai problematica, prendendo spunto dalla forte somiglianza tra la dottrina di Lev Tolstoj e la figura dell’Anticristo presentata dal filosofo Solov’ev nell’omonimo dialogo. È una sfida per il cristiano di ieri e di oggi, quella di resistere alla tentazione di togliere la persona viva di Cristo, fonte della vita di fede nella sua verità ed interezza, dal centro della propria esperienza religiosa, e di sostituirla con elementi secondari, importanti di per sé ma non essenziali per il sorgere della fede

I tre dialoghi di Vladimir Solov’ev possono essere definiti a pieno diritto il testamento culturale e religioso che il grande filosofo cristiano russo lasciò alle future generazioni di cristiani di tutto il mondo sulla soglia del XX secolo, tanto sinistramente apostata, quanto umanisticamente ricco.
Nel Racconto dell’anticristo, Solov’ev mette sulla bocca dei personaggi alcuni elementi delle ideologie sia slavofile che occidentaliste in voga nel XIX secolo, ma soprattutto lascia che il Principe esprima dettagliatamente i contorni del tolstoismo, fondato sulla non resistenza violenta al male. Il filosofo russo infatti lo riteneva l’unica concezione religiosa alternativa tanto al materialismo-agnosticisimo, quanto alla dottrina cristiana autentica, che avesse possibilità di successo in Russia; al tempo stesso lo considerava una pericolosa insidia, in quanto fondato sul rifiuto ostile di Cristo e sulla falsificazione della sua opera. Nel tolstoismo, però, Solov’ev non vede solo elementi negativi, ma anche spunti positivi, e nonostante Tolstoj sia sinistramente vicino alla figura dell’anticristo presentata dal filosofo russo, la sua persona e la sua opera non si esauriscono in questa uguaglianza.
Per lo stesso Solov’ev è però più importante un’altra conclusione del Racconto, ovverosia che ogni confessione di fede cristiana cela in sé il rischio di cedere al proprio anticristo: come scrive E. Trubeckoj, grande amico e studioso del filosofo russo, «non falsificano forse il cristianesimo quanti affermano che la cosa che hanno più cara in esso è l’autorità spirituale o la sacra tradizione, oppure, infine, la libera ricerca? Non peccano forse di impostura tutti coloro che si ritengono di più degli altri autentici portatori dello spirito di Cristo?».
Nelle pagine de Il racconto dell’Anticristo, attraverso le labbra dello stesso Anticristo, in forma tanto artisticamente espressiva quanto convenzionale dal punto di vista della storia della Chiesa, Solov’ev formula le tradizionali tentazioni insite nella visione delle principali confessioni cristiane, così come le esprime anche Trubeckoj, che per secoli hanno impedito, e al momento della venuta dell’Anticristo potrebbero definitivamente impedire alla gran massa dei cristiani di fare la scelta giusta tra Cristo e l’anticristo.
La prontezza con cui milioni di fedeli si consegnano al «padrone del mondo» lasciando Cristo e la Chiesa mostra chiaramente il rischio della tentazione anticristiana nella nostra epoca incline a sostituire all’autentica fede cristiana una varietà di elementi secondari elevati a «ideologemi» veri e propri.
Solo il permanere nella viva Chiesa di Cristo può aiutare i cristiani non solo a riconoscere l’Anticristo, ma anche a rinunciare alle sue tentazioni e passare attraverso la morte inevitabile per questo mondo e la resurrezione donata loro da Cristo, come avviene nelle pagine de Il racconto dell’Anticristo per due protagonisti, papa Pietro II e lo starecIoann, il quale ribadisce al sovrano che «ciò che abbiamo di più nel cristianesimo è Cristo stesso».

Georgij Mitrofanov

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