La separazione delle carriere dei magistrati è un tema che non può essere più rimandato, perché è un diritto del cittadino essere giudicato, come avviene in tutte le democrazie occidentali, da un “giudice terzo”, obiettivo e imparziale. Il ruolo del Pubblico Ministero dovrebbe avvicinarsi sempre di più a quello dell’avvocato e non a quello del giudice che deve essere appunto “terzo” e super partes.
Sì alla responsabilità civile dei magistrati perché non sono tollerabili processi-mostro al termine dei quali i responsabili non pagano mai. In uno stato davvero civile e democratico è giusto che il cittadino, in tempi rapidi, possa ottenere il giusto risarcimento per danni e per le ingiustizie patite.
Non è più tollerabile l’abuso della custodia cautelare. Perché attualmente migliaia di cittadini vengono arrestati, e restano in carcere in attesa di processo per mesi, in condizioni incivili. Perché il carcere preventivo, cioé prima della sentenza di condanna, si applichi solo per reati gravi. D’altra parte la nostra Costituzione è chiara: si è innocenti fino a quando la sentenza non passa in giudicato.
Sì al rientro nelle funzioni proprie dei magistrati fuori ruolo. Perché centinaia di magistrati dislocati nei vertici della Pubblica Amministrazione tornino alle loro funzioni originarie, così da smaltire l’enorme quantità di processi che si sono cumulati, destinati inesorabilmente a diventare carta straccia per prescrizione. E’ importantissimo garantire la separazione dei poteri ed eliminare la commistione tra magistratura e alta amministrazione.
Niente carcere per fatti di lieve entità della normativa sugli stupefacenti. E’ importante eliminare quelle norme che riempiono le carceri di consumatori. Vogliamo – essendo impossibile una vera legalizzazione, a causa di convenzioni internazionali stipulate dall’Italia – che sia evitata la pena detentiva per fatti di lieve entità, mentre resterebbe la sanzione penale pecuniaria. Infatti una domanda sorge spontanea: perché chi detiene un paio di spinelli dovrebbe andare in carcere?
Un sì netto, chiaro e una volta per tutte all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. E’ ora di abolire il finanziamento pubblico dei partiti, attivato attraverso i cosiddetti “rimborsi elettorali” che hanno aggirato il voto plebiscitario dei cittadini nel 1993. Vogliamo che i partiti siano finanziati per la forza delle loro idee, e non in forza del loro potere. Perché non adottare il modello statunitense (dove il finanziamento pubblico è presente ma alternativo a quello privato)?
Sì all’abrogazione delle norme che ostacolano il lavoro e il soggiorno regolare. Il reato di clandestinità; occorre inoltre eliminare quelle norme che incidono sulla “clandestinazzazione” e precarizzazione dei lavoratori migranti.
Aboliamo l’ergastolo! Perché vogliamo sia applicata la Costituzione. La detenzione deve avere, come finalità la rieducazione del condannato: è un principio di civiltà giuridica in clamorosa contraddizione con il carcere a vita e il “fine pena mai”. Ovviamente sarebbe comunque possibile il cumulo delle condanne.
Sì al divorzio breve. Per eliminare i tre anni di separazione obbligatoria prima di ottenere il divorzio. Vogliamo che si diminuisca il carico sociale e giudiziario che grava sui cittadini e sui tribunali in termini di costi e durata dei procedimenti.
Occorre garantire la libertà di scelta nella destinazione dell’otto per mille. Per restituire l’effettiva libertà di scelta ai cittadini. Vogliamo che la quota relativa alle scelte non espresse sull’8xMille (attualmente più del 50% del totale, circa 600 milioni di euro l’anno, ridistribuita alle confessioni religiose) rimanga in capo al bilancio generale dello Stato.
Noi dei Comitati per le Libertà ci crediamo. Speriamo anche gli italiani!
Renato Cantagalli