Sarà un Natale all’insegna di Stephen King. Non perché sia in arrivo sugli schermi l’ennesimo film horror ispirato al grande scrittore del Maine. Ma perché il suo ultimo libro, “La leggenda del vento” (pubblicato da Sperling & Kupfer) chiarisce meglio di qualunque altro l’autentica vocazione della sua narrativa: religiosa, indiscutibilmente cristiana e libertaria, quasi un monito contro il Male e un annuncio natalizio di Salvezza.
King, dunque, come artista moderno del “sacro”. Eterodosso, è chiaro, percorso da venature fantastiche e orrorifiche, ma al fondo intento a raccontare la lotta eterna fra il diabolico e l’innocenza.
“La leggenda del vento” è un libro, come tanti altri di King, che cattura e coinvolge, facendo appello al nostro inestinguibile bisogno di credere a un mondo diverso. Si colloca tra il quarto e il quinto posto nell’avventura cosmica, in sette volumi, della “Torre nera”, certamente degna di stare alla pari con le grandi epopee “totali” della fantasy anglosassone (Tolkien, C.S. Lewis, Williams). Ed esattamente come quelle tre, profondamente legato all’idea del mito quale precursore e annunciatore della Buona Novella cristiana.
A breve i critici di professione si scateneranno nello scoprire somiglianze e coincidenze fra i personaggi della Terra di Mezzo di Tolkien, gli abitanti di Narnia creati da Lewis, e quelli che si aggirano nel Medio Mondo inventato da King. Ma prima che scoppi la bagarre letteraria, concediamoci il piacere di assaporare una grande della letteratura fuori dai conformismi, uno che non ha paura di sognare, di sfidare i depressivi manierismi ideologici e il minimalismo diffuso, uno ancora capace di dire bene al Bene e male al Male.
Gaston Beuk