Perché non mi piace Papa Bergoglio

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Un articolo di un giornalista a cui non piace Papa Bergoglio

Pare che esista ancora la libertà di parlar male di Garibaldi: vorrei approfittarne e fare lo stesso con Papa Bergoglio. Vi scandalizza? E va bene, siete liberi di chiudere qui la lettura.
Papa Francesco non mi piace, anzitutto, perché piace al mondo. Meglio: vuol piacere al mondo. Dice al mondo precisamente quello che ama sentirsi dire: che bisogna essere buoni, comprendere tutti, non giudicare nessuno (salvo quando non se ne può proprio fare a meno). Vuol piacere al mondo baciando tutti i bambini che gli portano, abbracciando gli handicappati (sempre davanti alle telecamere), spedendo in giro elemosine (sempre lasciando che la notizia sia rilanciata dai media), telefonando a ore impensate alla gente per épater le fidel e suscitare una globale meraviglia, lanciando parole d’ordine che sarebbero di una semplicità commovente se non fossero di una banalità sconcertante.
Non mi piace Papa Francesco perché il Time lo ha messo in copertina, come aveva già fatto con Steve Jobs e con Gorbaciov; perché un Papa non può essere l’uomo dell’anno ma il guardiano e l’ambasciatore di una speranza di paradiso oltre la morte.
Non mi piace Papa Francesco perché, anziché condannare i populismi peronisti del suo paese, se la prende ( vedi l’esortazione apostolica Vangelii Gaudium) con la “trickle down economics”, ovvero la sacrosanta teoria liberale secondo la quale ciò che conta è produrre onestamente ricchezza in libertà di mercato e assenza di vincoli statalisti-burocratici, in modo che questa ricchezza scenda a goccia a goccia lungo i rami dell’albero sino a fertilizzare l’intero terreno sociale. Per lui “questa opinione non è mai stata confermata dai fatti”, ma bisognerebbe chiederlo ai veri poveri cui lui dice di rivolgersi, che ne pensano. E non mi piace la sicumera con cui sostiene queste teorie (potrei anche dire: l’arroganza) e trincia giudizi politici ed economici senza essere colto da dubbi né preoccuparsi del confronto con chi la pensa diversamente.
Non mi piace Papa Francesco perché piace alla gente che piace: progressisti e statalisti devoti, che si apprestano a iscrivere il Papa “di sinistra” sule loro bandiere elettorali.
Non mi piace, Francesco, perché non gli piace parlare dei “valori non negoziabili” (come la vita, la famiglia naturale, la proprietà), né intende “fare del proselitismo”. Del proselitismo, invece, ce ne sarebbe tanto bisogno; molto più che leggere i pensierini preconfezionati del suo Libretto Giallo, ai quali si aspetta che le folle tributino ovazioni e omaggi.
Non mi piace, Francesco, perché si domanda (ad esempio, a proposito dell’omosessualità): “chi sono io per giudicare?”. Perché un papa non dovrebbe giudicare? Forse perché le lobby gay sono politicamente corrette?
Non mi piace, Papa Francesco, perché grida “vergogna!” agli occidentali, quando avvengono i tragici naufragi dei clandestini disperati, anziché gridarlo ai nuovi mercanti di schiavi e adoperarsi per combattere la piaga della clandestinità. (E anche la parola “accoglienza” può diventare pura ideologia, cioè copertura formale di una politica connivente dove la certezza del diritto cede il passo alla prepotenza e alla criminalità).
Non mi piace, Papa Francesco, perché condanna sprezzante i “cristiani da pasticceria”. E non solo perché, col suo permesso, continuerò ad amare le pasticcerie; anche perché credo con l’apostolo Giovanni che “lo spirito soffia dove vuole”, quindi, caro Bergoglio, anche nelle pasticcerie. E forse anche più forte che nelle stanze dove abita lei.
Poi, d’accordo, ci sono anche cose che non mi dispiacciono del nuovo Papa, come la forte spinta ecumenica. Ma delle cose belle e buone parlano bene tutti, e non c’è merito nell’accodarsi. Lo farò anch’io ma un’altra volta.
In verità, dire oggi pane al pane su Bergoglio, mi sembra azione più nobile e giusta.

Gaston Beuk

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Gaston Beuk
Gaston Beuk è lo pseudonimo di un noto giornalista e scrittore dalmata. Si definisce liberale in economia, conservatore nei valori, riformista nel metodo, democratico nei rapporti fra cittadino e politica, federalista nella concezione dello Stato e libertario dal punto di vista dei diritti individuali.

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