Perché non si può fare a meno della politica

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Pubblichiamo in anteprima per Libertates la conclusione della introduzione al suo saggio “L’ombra della tirannide. Il male endemico della politica in Hayeh e Strauss”, in uscita dall’editore Rubbettino (pp. 329, euro 24). Raimondo Cubeddu, storico collaboratore di Libertates, insegna filosofia politica al’università di Pisa. Studioso del liberalismo, si occupa anche delle teorie del diritto naturale

Chi scrive si chiede a che cosa serva occuparsi di filosofia politica in una situazione che quasi dappertutto si avvia, per eccesso di legislazione e di regolamentazioni ispirate non da criteri di efficienza (i quali devono comunque tener conto dei costi di transazione), bensì dai più nobili motivi dell’etica pubblica e degli Human Rights, a sottoporre a regole e ad autorizzazioni ogni azione e ogni comportamento umano. Un mondo in cui, neanche tanto paradossalmente, si è liberi soltanto se ci si colloca al di fuori della legalità.
Ma si consola pensando che si tratta di un buon motivo per riprendere la lezione dei classici sulla tirannide come male endemico della vita politica e come esito ineluttabile di ogni regime politico che usi l’etica per giustificare la coercizione insita in ogni tentativo di accelerare po-liticamente i processi sociali. Soprattutto, perché è convinto che in un mondo in cui l’educazione di massa non è riuscita (come previsto) a debellare l’umana stupidità e ne abbia anzi prodotta nuova e ben più tracotante, la filosofia politica mantenga una certa importanza nel momento in cui il declino della credenza nel Giudizio universale rischia di produrre livelli di coercizione inimmaginabili.
Una tendenza alla quale, purtroppo, non si può restare indifferenti, ma che può essere illuminata dalla lezione di quei classici, di ogni epoca, i quali «hanno descritto per noi gli orrori del mondo moderno» e che si sono chiesti se sia veramente possibile fare a meno della politica. Per quanto un’affermazione tanto esplicita possa suonare inusuale in un libro tutto sommato “straussiano”, essa, in definitiva, non è che la registrazione dell’ennesimo fallimento del tentativo di poter fare a meno della politica. E al suo autore rimane soltanto il filosofico dubbio che scegliendosi altre guide, e ascoltandole, avrebbe potuto conseguire un risultato diverso. Non sembrandogli tuttavia sensato attribuire ad altri responsabilità che son soltanto sue e neanche sperare in guide migliori, egli rimane, quindi, un liberale classico insoddisfatto.

Raimondo Cubeddu

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