La campagna di informazione dell’Ucraina inizia ad essere studiata come un esempio di successo nella propaganda di guerra del XXI Secolo. Da Paese semi-sconosciuto ai più e vittima di gravi pregiudizi, noto solo perché povero o perché afflitto da corruzione e da una guerriglia strisciante nel Donbass, l’Ucraina è diventata il Paese al centro dell’Europa. Sta vivendo una delle più grandi tragedie della sua storia recente (dopo il genocidio per fame del 1932-33), ma anche il suo più alto momento di gloria nazionale. C’è però almeno un caso, in Occidente, in cui l’informazione ucraina rimbalza come contro un muro: l’Italia. Nel nostro Bel Paese i telegiornali possono anche mostrare in diretta le scene di devastazione da Kharkiv, dai sobborghi di Kiev e dalle regioni orientali, ma sui social la reazione è di scetticismo, di diffidenza nei confronti dei media e di vero e proprio odio nei confronti di Zelensky, degli ucraini e di quei “guerrafondai” degli americani.
Questo fenomeno si nota ancor più uscendo dai social network e parlando con la gente comune, specialmente gente appartenente al “nuovo terzo stato” (la definizione è di Pannella), dunque piccoli imprenditori, autonomi e partite Iva, quelli più esposti alla crisi del caro-carburanti e del caro-bollette. A pochissimi di loro sfiora l’idea che Putin sia responsabile della nostra crisi, dato che ci sta facendo la guerra economica da prima ancora dell’invasione dell’Ucraina. La colpa, direttamente o indirettamente, viene attribuita agli ucraini, colpevoli di “voler prolungare il conflitto”. O degli americani che “continuano a usare gli ucraini come carne da macello e fanno pagare il conto a noi”. E ovviamente all’Ue, perché “le sanzioni le paghiamo solo noi”. È rarissimo sentir dire, da un membro del nuovo terzo stato, che “sia maledetto Putin che ci vuole tagliare il gas”. Chi lo pensa, probabilmente, lo tiene ben nascosto per non sfigurare. L’inversione della colpa è molto significativa ed inizia a essere rilevata nei sondaggi. Secondo l’ultimo dato Eurobarometro, solo il 50% degli italiani ritiene che la responsabilità del conflitto sia attribuibile alla Russia di Putin, il dato più basso di tutta l’Europa occidentale (e in Europa, in generale, ci battono solo Bulgaria, Grecia, Ungheria e Slovacchia). Se ci sono così tanti dubbi anche sulla responsabilità all’origine del conflitto, di fronte ad una realtà che più palese di così non si può, figuriamoci sulle responsabilità della prosecuzione della guerra.
Per capire meglio come mai l’Italia faccia eccezione, anche in tempo di guerra in Europa, è troppo comodo dare la colpa alla sola propaganda russa e a chi decide di amplificarla, gratuitamente o no, sui nostri media. Sicuramente è utile e necessario capire quali siano le fonti della propaganda e come funzionano. Ma latitano analisi che ci permettano di capire come mai la narrazione di Putin attecchisca qui in Italia più che altrove.
Gli interessi politici ed economici dei partiti filo-russi (Movimento 5 Stelle, Lega e Forza Italia) maturati nell’ultimo decennio, sono solo una parte della risposta. Poniamo il caso che, da domani, Salvini cambi musica. Invece che indossare la maglietta di Putin, indossi quella di Zelensky. I suoi elettori lo scambierebbero, nella migliore delle ipotesi, come uno scherzo. Ma il giorno dopo brucerebbero la tessera. Forza Italia, in quanto membro del Ppe e dopo aver perso due terzi dei consensi che aveva quando era al governo l’ultima volta, può permettersi di più delle svolte atlantiste. Ma la “voce dal sen fuggita” di Berlusconi dimostra che tratta Putin ancora da amico e sposa il suo punto di vista sulla guerra. E non solo negli audio “rubati”, ma anche nelle interviste (come quella rilasciata a Bruno Vespa prima delle elezioni). E lo fa per rassicurare il suo sostenitori, evidentemente, da vecchio mago delle campagne elettorali quale è sempre stato. Quanto al rinnovato “pacifismo” a senso unico del Movimento 5 Stelle, è evidente a tutti che sia una foglia di fico, a copertura di una simpatia dichiarata per la Russia, vista come alternativa all’odiata America. Ma è notevole che questa indole sia rispuntata proprio per le elezioni: per riconquistare voti, dopo la popolarità perduta durante il governo Draghi. Insomma, farsi vedere filo-Putin, o quantomeno comprensivi nei suoi confronti, paga in termini elettorali.
E allora il problema è alla base, non solo al vertice. Non si può ridurre alla propaganda russa, né agli interessi dei partiti filo-russi. La russomania è un fenomeno popolare. Poteva essere simpatico in tempo di pace, ma è veramente inquietante dal momento in cui la Russia ha dichiarato guerra all’Occidente. Perché?
Perché non conosciamo la storia del comunismo. Perché la propaganda russa è esattamente uguale alla propaganda sovietica (con gli stessi pregiudizi, mistificazioni, falsificazioni, slogan e complottismi) solo appena attualizzata al nuovo secolo. Gli ucraini sono nazisti? Ovviamente: dal punto di vista sovietico, tutti i nemici sono nazisti. Anche i tedeschi occidentali (quelli che votavano Adenauer, Brandt, Schmidt e Kohl) erano i nuovi “nazisti”. L’Ucraina ha subito un processo di “nazificazione”? Certo, perché tutto ciò che si avvicina all’Occidente, per i sovietici e per i russi è “nazista”. La rivoluzione ucraina del 2014 è in realtà un golpe organizzato dagli Usa? Ovviamente, tutti i moti rivoluzionari contro i sovietici, come a Berlino, Budapest, Praga e in Polonia, sono spacciati come “golpe”: se il popolo è socialista e internazionalista, un moto nazionale e contro un regime socialista, non può che essere opera di una minoranza violenta (e possibilmente organizzata dai nemici esterni). Gli ucraini sono visti come carne da cannone in una “guerra di procura” americana? Così i sovietici hanno sempre visto tutti gli alleati degli Stati Uniti, quando li hanno affrontati, che fossero sud-coreani o sud-vietnamiti, afghani o polacchi, sono sempre “burattini” degli Usa. Sempre per lo stesso motivo: è inammissibile opporsi al sol dell’avvenire socialista, dunque devi per forza essere manipolato da qualcuno.
I russi odierni hanno ripreso pari-pari questa propaganda, hanno sostituito la Russia all’Urss, il Mondo Russo al sol dell’avvenire socialista, ma dicono esattamente le stesse cose. Basate, per di più su una visione distorta della storia. La nazione Ucraina, la sua storia e il genocidio che ha subito per mano di Stalin vengono semplicemente cancellati. L’Ucraina “non è mai esistita”. In Urss poteva esistere solo come parte dell’Unione Sovietica, oggi come parte del Mondo Russo. La partecipazione degli ucraini al collaborazionismo con i nazisti è ingigantita oggi, così come lo era ai tempi dell’Urss: tutti gli ucraini diventano “collaborazionisti dei nazisti”, dimenticando partigiani e soldati ucraini dell’Armata Rossa che combatterono contro i nazisti (e che furono molto più numerosi).
Noi crediamo a questa propaganda, basata su una storia falsa, perché: studiamo la stessa storia che studiano in Russia, con solo qualche piccola variazione. I nostri libri di storia sono ancora intrisi di marxismo. I nostri storici più in vista sono ancora convinti che sia l’Urss ad aver dato il maggior apporto all’umanità nel Novecento (nonostante qualche peccatuccio, come un paio di decine di milioni di morti scappati a Stalin), a partire dalla “liberazione dal nazismo”, opera meritoria attribuita quasi interamente ai sovietici e non agli Alleati. Noi leggiamo la storia, dunque anche la realtà attuale, con le lenti rosse che i sovietici e il PCI ci hanno fornito. Siamo ancora culturalmente comunisti e Berlusconi di sicuro non ha fatto nulla per cambiare questa egemonia, specie da quando è amico di Putin (un ex KGB). Siamo ancora culturalmente comunisti, per questo non possiamo capire che la propaganda russa è propaganda.
di Stefano Magni