Il Venezuela è una democrazia: si tengono regolari elezioni. Ma è sufficiente per essere definito democratico, oppure bisogna ricordare che non può esistere democrazia senza elezioni, ma ci possono essere elezioni senza democrazia?
Nel Venezuela di Maduro la situazione sta precipitando: gli impiegati pubblici lavorano due giorni la settimana per risparmiare energia, il presidente promette il sequestro delle aziende che chiudono per mancanza di materie prime (ma una volta statalizzate come potrebbero continuare a produrre?), i prezzi dei beni di prima necessità (quando si trovano) sono saliti alle stelle, mentre gli stipendi languono, ormai si parla di crisi umanitaria…
Tutto questo in una repubblica formalmente democratica, in cui si sono tenute elezioni (abbastanza) regolari e in cui le modifiche costituzionali sono state approvate con referendum dai cittadini.
Ciò dimostra una verità spesso dimenticata: non ci può essere una democrazia senza elezioni, ma ci possono essere elezioni senza democrazia.
Infatti senza libertà, trasparenza, libero mercato, certezza del diritto si arriva diritti alla finta democrazia. Ad una situazione come quella venezuelana in cui hanno alla fine prevalso il populismo più sfrenato, l’egualitarismo verso il basso (un ministro dell’economia venezuelano dichiarava tempo fa che il suo vero scopo era avere un Paese tutto di egualmente poveri), l’affidare la gestione delle imprese ad amici o a fedeli assolutamente incompetenti, l’incapacità (o la non volontà) di comprendere i meccanismo dell’economia.
E non valgono neppure le giustificazioni del complotto internazionale (inevitabile in questi casi) o del calo del prezzo del petrolio: esistono esempi di altri stati sud o centroamericani che, pur tra grandi difficoltà, riescono a sopravvivere: è comportarsi in modo irresponsabile, violando tutte le regole dell’economia e del buon governo che porta a queste situazioni.
Angelo Gazzaniga