Di fronte a certi episodi avvenuti alla Regione Lazio (tenendo sempre ben presente che certi episodi e certi personaggi esistono in tutti i partiti e in tutte le regioni) non si possono non fare certe considerazioni:
- meravigliarsi e condannare una classe “politica” che misura il proprio successo in base ai metri quadri delle proprie piscine, al numero degli invitati alle feste in costume o al costo delle cene al ristorante è inutile quando questa classe politica si autonomina attraverso le liste bloccate dei partiti o i “listini” dei governatori delle Regioni
- il vero scandalo e la vera offesa a tutti coloro che pagano tasse sempre più alte e faticano a far quadrare i conti sono i costi della politica locale, vero cancro della spesa pubblica. Quando si scopre che un capogruppo alla Regione Lazio (senza offesa: un politico di terz’ordine) cumulando stipendio e indennità di carica (in quanto capogruppo di un partito e presidente di una commissione. Impresa tutt’altro che difficile se si pensa che alla Regione Lazio esistono ben 5 gruppi formati da un unico membro e ben 19 commissioni per 40 consiglieri…) guadagnava, legalmente, 32.000 euro al mese con in più un’integrazione di 100.000 euro all’anno (più che Presidente del Consiglio e Presidente della Repubblica assieme) e che alla Regione Lazio i rimborsi per l’attività dei partiti sono arrivati a14 milioni di euro l’anno grazie a delibere fuori da qualsiasi previsione di bilancio e mai contestate da nessuno.
Cosa propongono da sempre i Comitati per le Libertà?
- riduzione del numero degli enti locali come abolizione delle provincie e accorpamento dei comuni più piccoli: solo in Italia esistono 5 livelli di rappresentanza politica (comuni, comunità montane o consigli di zona, provincie, regioni, stato)
- riduzione del numero dei rappresentanti politici (onorevoli, consiglieri regionali, consiglieri comunali): la classe politica in Italia conta quasi 2 milioni di persone
- abolizione dei contributi pubblici ai partiti: sono già stati aboliti con un referendum e andrebbero sostituiti con contributi di privati cittadini che sostengono liberamente coloro che li rappresentano politicamente (contributi da rendere pubblici attraverso la pubblicazione degli elenchi e da considerare detraibili fiscalmente, almeno sino ad una certa parte di reddito).
- ma soprattutto una vera democrazia diretta: una democrazia cioè che permetta ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti, votarli e giudicarli al termine del mandato. Questo si può ottenere con una legge maggioritaria con primari garantite e certificate (vedi il nostro “Maledetta proporzionale” ) e un vero federalismo fiscale (vedi il nostro “Contro gli stato sauri”).
Ma sono queste riforme sempre più urgenti: non aspettiamo che arrivi qualcuno che prometta: “votatemi, manderò a casa questa classe politica corrotta e l’Italia tornerà a funzionare”: più o meno il programma che permise a Mussolini di (stra)vincere le elezioni del 1923.
Angelo Gazzaniga
Portavoce dei Comitati per le libertà