Per favore, non trasformiamo una sconfitta in un trionfo!
Si sono concluse le operazioni di demolizione del ponte Morandi, celebrate con toni trionfali dai nostri politici.
Ma, a ben vedere, ci sarebbe ben poco da celebrare, visto che si tratta della conclusione (senz’altro positiva, ci mancherebbe altro) di una vicenda che in Italia faremmo bene a passare sotto silenzio: si tratta di una sconfitta per tutti coloro che se ne sono occupati:
- sconfitta per il progettista, il celebrato ingegner Morandi, perché sono apparse evidenti le lacune e i limiti del suo progetto e della sua tecnica
- sconfitta per una società (Autostrade) ritenute tra le più solide nel panorama delle imprese italiane, ma che non ha saputo (o voluto) per inefficienza e sete di guadagno fare una manutenzione valida del manufatto
- sconfitta per la burocrazia italiana che, nonostante il moltiplicarsi di enti deputati al controllo, non è mai riuscita in decenni a effettuarne uno serio ed efficace
- sconfitta per quella parte politica (i grillini di Toninelli e Di Maio) che si sono opposti per mere ragioni ideologiche a quella Gronda che avrebbe potuto alleggerire il traffico abnorme sul ponte
Sarebbe stato ben più utile fare un esame di coscienza e cercare di porre rimedio agli errori e alle inefficienze per avere una maggiore sicurezza nel futuro, anziché celebrare l’atto finale di una sconfitta.
Abbiamo già visto qualcosa di simile con la vicenda del ripescaggio della Concordia, anche quello celebrato come un trionfo della tecnologia italiana. Trionfo che chiudeva la triste vicenda di una nave italiana portata ad affondare su uno scoglio da un capitano degno di una macchietta di Totò e indegno (anche per il comportamento successivo) della grande tradizione della marineria italiana.
È un esempio di quella confusione tra uomo di Stato (che si occupa del bene della nazione e ragiona in termini di futuro) e uomo politico (che pensa ai soli risultati elettorali e ragiona in termini di presente) da sempre denunciata come uno dei mali della politica italiana a nome di Libertates.
Ma spetta ai cittadini come elettori decidere e valutare un politico in base ai fatti e non alle parole: ne saremo capaci?
di Angelo Gazzaniga