Perché la UE non è molto credibile? Quale il suo futuro per chi non crede in una UE come germe di un futuro Stato federale
Raccontano le cronache in margine all’ultimo G7 di Bruxelles che le discussioni sul prossimo presidente della Commissione Europea abbiano oscurato il dibattito sull’Ucraina e sulla disoccupazione. Ma certo, l’invasione della Crimea e i milioni di disoccupati in giro per l’Europa possono aspettare. Molto più divertente dibattere su Juncker, o Schulz, o magari Christine Lagarde, che diamine!
Tanto per chiarire allora quel che è oggi la funzione della Ue.
Anzitutto, i suoi leader sono portati a occuparsi di nomi, piuttosto che di problemi, mentre la situazione complessiva dell’eurozona scivola verso il peggio.
Poi, ecco l’eurospecchietto per le euroallodole: agli elettori europei che ci sono cascati (non molti per la verità , più o meno la metà degli aventi diritto) è stato fatto credere che avrebbero scelto, sia pure indirettamente, il presidente della Commissione. Il che era già una forzatura evidente del Trattato di Lisbona. Ma comunque come sarebbe stato possibile, con un voto proporzionale? Chiaro che nessuno avrebbe mai avuto la maggioranza assoluta; e adesso il povero Juncker ha un bel gridare di avere ottenuto quella relativa, in quanto candidato del PPE: chi lo ascolterà? Non certo Cameron, che non vuol saperne di un esponente eurocratico vecchio stile. E nemmeno Renzi, che continua a procedere per slogan (ora dice che “ci vuole una donna”, indipendentemente dalle qualità dei candidati).
E ancora: che credibilità democratica può avere un voto congiunto per il parlamento (che dovrebbe essere un organo legislativo) e per il presidente della Commissione, che dovrebbe rappresentare quello esecutivo? In uno Stato liberale, dai tempi di Montesquieu, non era prevista la separazione dei poteri?
E ancora, i membri della Ue sono d’accordo sul progetto inglese (e anche olandese, ungherese, svedese) che prevede il ritiro della Ue dagli interventi dirigistici in economia, dalle iper-regolazioni, dagli sprechi di bilancio e dagli scandali dei fondi strutturali? In caso contrario, quanto potrebbe resistere ancora l’euro: (uno, due, tre anni?) prima di scindersi almeno in due (euro nord ed euro sud) e poi chissà che accadrà?
E a proposito della democrazia diretta, un tema fondante per noi di Libertates: che c’entra questa Ue con i diritti dei cittadini di decidere sul loro presente (e futuro)? La democrazia diretta si misura sul grado di sovranità e sulla vicinanza dei cittadini ai centri decisionali: qualcuno vuole raccontarci che Bruxelles risponda a questi requisiti? Se avesse voglia di farlo, è pregato di leggersi il magistrale saggio di Hans Magnus Enzensberger (“Il mostro buono di Bruxelles”, pubblicato dalla Einaudi) per scoprire l’incredibile viluppo di enti, entini e uffici in cui si disperdono i fondi e le competenze finanziati dai cittadini europei.
E a proposito: qualcuno sa quando entrerà in funzione, bene che vada, il parlamento europeo? Se non ci saranno intoppi: A DICEMBRE. Noi nel frattempo continueremo a pagare profumatamente gli stipendi degli euro-onorevoli.
In attesa che la Ue esce dal suo euro-vicolo-cieco, è tempo di ricordare una cosa: la democrazia poggia sul voto, e sulla sua efficacia, altrimenti diventa un’altra cosa. Oggi la Ue è proprio un’altra cosa. (E un’altra cosa, sia detto en passant, diventerebbe il Senato italiano voluto da Renzi: un dopolavoro non elettivo per sindaci, governatori e altri beneficiati).
Dario Fertilio