Tutte le comunità umane, dalle tribù alle società più evolute, hanno regolato in qualche modo, da sempre, le unioni tra donne ed uomini perché dal funzionamento di tali unioni deriva il funzionamento di tutto il gruppo sociale. E lo hanno regolato anche con l’apporto delle religioni che, nella loro evoluzione, hanno poi imposto su tali unioni i loro canoni, anche prevalendo sulle leggi civili.
Ma le società contemporanee, almeno quelle più evolute, nel loro progredire verso un maggior rispetto per gli individui e verso un miglioramento dei loro diritti e delle loro libertà, sono arrivate ad un punto tale che le regole sino ad ora accettate come valide danno palesi segni di inadeguatezza.
E non sempre consentono a donne e uomini il pieno esercizio delle loro libertà di comportamento.
Come si constata, tra l’altro, dal sempre minor numero di matrimoni religiosi e dalle unioni tra omosessuali accettate da una buona parte della società.
Bisogna quindi abbandonare schemi e canoni del passato per reimpostare le unioni tra individui in termini di rispettosa praticità. Senza gridare allo scandalo o stracciarsi le vesti se obsoleti ukase del passato non vengono più presi in considerazione.
Per farlo, bisogna quindi pensare ad un contratto di convivenza, stipulato con determinati criteri stabiliti dalla legge, con il quale persone che desiderano iniziare una convivenza ne regolano le modalità relative. Modalità economiche, di durata, di eventuale separazione, di responsabilità verso i figli per la loro educazione, per il loro cognome e con la garanzia che non diventino vittime di separazioni e di altro.
Modalità che, in un contesto legislativo adeguato, diano serenità ad una unione anche nel caso che questa venga, per qualsiasi motivo, interrotta.
Contratto di convivenza che, firmato dalle parti in causa nel pieno delle loro facoltà, garantite da notaio o pubblico ufficiale, può riguardare un uomo ed una donna, due donne, due uomini. Ma anche, guardando più avanti, più di due persone, se così esseri umani liberi desiderano.
Di questa nuova impostazione della convivenza si vedono già i primi timidi vagiti, ma ci si arriverà forse prima di quando molti ritengono.
E chi si riterrà vincolato dai canoni della propria religione potrà stipulare un contratto che non contrasti con essi e che potrà essere ratificato da una cerimonia religiosa.
di Ettore Falconieri