Incalza il voto del 24 e 25 febbraio e con esso l’estenuante campagna elettorale che vedrà dialetticamente ed ideologicamente contrapposti diversi schieramenti politici. Già da settimane assistiamo, con molto interesse, a tribune politiche che dovrebbero catturare l’attenzione di tutti i cittadini, affinché questi prendano coscienza dei programmi elettorali e sappiano poi liberamente scegliere chi votare.
Invero, appare oramai chiaro che il leitmotiv di questa tornata elettorale è certamente l’economia, con tutto ciò che essa comprende: crisi internazionale, disoccupazione e crescita del Paese; stentiamo però a capire che impronta ai programmi elettorali vogliano dare gli attuali ‘capi di coalizione’ in tema di disagio sociale, liberalizzazioni e riforme strutturali all’apparato statale.
Analizzandoli partitamente, questi temi sono oggi forse bistrattati dagli attuali attori della politica italiana, eppure meriterebbero una attenzione particolare in considerazione della grave crisi (oltre che economica) sociale, che si abbatte sulla nostra Italia. Quanto al disagio sociale, esso è diffuso e colpisce particolarmente i giovani. Questi si allontanano spesso dalla politica, diffidando da chi sostiene che essa sia strumento per la risoluzione di problematiche comuni. Come se non bastasse, molti oggi preferiscono lasciare il Belpaese, contribuendo così alla enorme fuga di cervelli, che tanto ci costa.
Nessuno, sinora, è riuscito ad aprire convintamente alle liberalizzazioni: troppo forti le pressioni dei gruppi di interesse, ogniqualvolta si sia parlato di esse. Il Governo Monti ha solo timidamente cercato di liberalizzare il mercato, servirebbe un approccio forte al tema, capace di attirare poi investitori esteri e riattivare così quel circuito che in Europa chiamano ‘fase della crescita’.
E ancora, quanto vane ed inconsistenti appaiono quelle proposte relative alle riforme da apportare all’apparato statale? Dal 1994 si attende una rivoluzione liberale che tarda ad arrivare. Sarà forse per un problema tipicamente di noi italiani, restii al cambiamento, alle riforme, ma nessun Premier è riuscito con forza a rinnovare quest’apparato. Si parla, ad esempio, da tempo di riforma del sistema giudiziario, dei due rami del Parlamento, di rinnovamento dell’assetto costituzionale attraverso l’abolizione delle Province e di tanti Enti inutili e costosi. Non si è però visto nulla di tutto ciò.
Ebbene, sembra quasi che questi temi siano secondari rispetto al grande tema dell’economia e della crisi globale. A ben vedere, partire da queste tematiche oggi considerate secondarie può essere d’aiuto per superare la crisi e guardare avanti; servirebbe però più coraggio, più intraprendenza nelle scelte politiche e nel confezionamento dei programmi elettorali.
La classe dirigente dovrebbe maggiormente considerare quelle che sono le reali esigenze del Paese, non solo affidandosi a teorie economiche che alla lunga possono risultare sbagliate, ma soprattutto cogliendo quel grande disagio (marcatamente giovanile) che affligge i più. Solo così il cittadino sarà messo nella condizione di scegliere liberamente e sarà capace di riaffezionarsi a quella politica oggi molto distante da lui.
Gaetano Gabriele Galesi