Non è ben chiaro a molti commentatori occidentali che non si possono trattare i rapporti commerciali con la Cina con le stesse modalità in uso nei Paesi democratici.
La Cina è una dittature comunista, erede dell’URSS; potenza nucleare in espansione in tutti i continenti. Ha adottato formalmente le regole del libero mercato con l’Occidente per favorire le proprie imprese nell’export. Ma anche queste regole fanno parte dei loro strumenti di conquista, per acquisire a basso costo le tecnologie occidentali ed incrementare senza limiti le esportazioni. L’Italia è vista come testa di ponte per l’invasione dei prodotti cinesi in Europa. Se l’Italia accetta “l’aiuto” della Cina per alleggerire il debito pubblico ed incrementare la partecipazione azionaria nelle aziende strategiche, corre il rischio gravissimo di compromettere la propria sovranità e la propria indipendenza.
Infatti la strategia di acquisizioni della Cina in Italia equivarrebbe ad una parziale cessione della nostra sovranità territoriale ed alla subordinazione della nostra economia alle condizioni imposte dalla Cina. Valgano come monito le dure reazioni della Cina, quando il 6 agosto dell’anno in corso l’agenzia Standard&Poor’s ha declassato il rating degli Stati Uniti.
Cedere nostri beni primari e parte della nostra libertà per sostenere la nostra economia equivarrebbe ad una guerra perduta. Il rimedio sarebbe molto peggio del male.
Anche le esigenze della Difesa e della sicurezza potrebbero essere compromesse dalla cessione di territori ed infrastrutture strategiche.
I nostri governanti non si lascino sopraffare dalla emotività e dallo sconcerto. Ci sono altre vie praticabili per superare le difficoltà del momento: ridurre drasticamente il debito pubblico con la dismissione di beni pubblici nell’ambito dell’UE, come è già stato autorevolmente proposto. Se non ci stanno, sono pregati di togliere il disturbo.
Ma la cessione dei capisaldi della nostra economia, presupposto per il rilancio futuro, mai.
Salvatore Custòdero