Sono stati recentemente pubblicati dall’Istat i dati relativi alla fiscalità in Campania.
Sono dati più che preoccupanti: in Campania solo il 40.7% degli abitanti dichiara un reddito positivo (contro il 70% del Nord) e quindi a ogni contribuente campano corrispondono 1,708 persone (cioè ognuno ha a carico quasi un’altra persona).
Del resto ci sarebbe anche da segnalare che la contribuzione media è di soli 1992 euro al mese (a fronte di una contribuzione media di 4362 in Lombardia). Un dato impressionante se si pensa che la spesa pro capite per la sanità è in Campania di 2221 euro: cioè non si coprono neppure le spese sanitarie.
In Campania, poi, oltre il 50% della popolazione dichiara un reddito inferiore a 15000 euro e quindi è esente, mentre la classe media (da 20 a 55000 euro) rappresenta solo il 33% della popolazione e la classe ricca (oltre 100000 euro) non raggiunge l’1%.
Contemporaneamente però da altri dati Istat si evince che consumi, Pil e tassi del gioco d’azzardo sono in aumento.
Da questi dati se ne trae l’immagine di una Regione nella trappola della povertà, con una maggioranza che beneficia esclusivamente della spesa pubblica e con una capacità contributiva nulla. Ma l’altro da una lettura diversa: quella di un territorio ove impera il sommerso, il lavoro nero e, perché no, l’illegalità e la camorra.
È una situazione che non è utile a nessuno: al resto del Paese che deve foraggiare le spese della Campania facendo nascere istinti separatisti, ma soprattutto agli abitanti stessi, destinati a vivere in una situazione di eterna sussistenza, di servizi carenti e di poche certezze.
Una prova ulteriore di come l’evasione se appare a breve termine come una soluzione, o comunque un rimedio a situazioni di povertà e disagio, a lungo termine non sia che un freno a tutta l’economia.
di Angelo Gazzaniga