Anche in Italia ogni tanto si riesce ad affrontare seriamente un problema anziché fare del populismo o della campagna elettorale a buon mercato.
Sul sito dell’Istituto Bruno Leoni è apparso un saggio (ripreso poi anche da “ilSole24ore”) dedicato all’opportunità di applicare anche in Italia la flat tax.
Si tratta, finalmente, di un approccio serio e meditato a un problema che sinora è stato affrontato come propaganda politica, per di più qualunquista: una propaganda che, in sintesi, cercava di far passare il messaggio “con la flat tax pagherete tutti meno tasse”.
Questo saggio mostra invece come anche con la flat tax si avrebbero dei problemi.
Infatti:
- se si vuole avere un’imposta comunque progressiva (perché lo chiede la Costituzione e un ovvio principio di equità) occorre stabilire tutta una serie di esenzioni per i redditi più bassi e addirittura il principio della tassazione negativa per chi non ha reddito.
Ma in questo modo si avrebbe un sistema abbastanza simile a uno proporzionale con la sola differenza di un’aliquota unica del 25% anziché un’aliquota (blandamente) progressiva (come quella dell’attuale IRPEF dal 23% al 43%) - per avere una vera semplificazione del sistema tributario occorrerebbe estendere la flat tax non solo alle imposte dirette (IRPEG & C) ma anche alle imposte indirette (IVA su tutte).
Ma chi va a dire agli artigiani o ai piccoli commercianti che in cambio di un’aliquota leggermente ridotta sull’IRPEF avranno un aumento di 3 punti dell’IVA? - Gli stessi autori ammettono che con un’aliquota del 25% ci si troverebbe con un buco nelle entrate di circa 30 miliardi.
Ma, dato che tutti questi ragionamenti sui sistemi tributari devono essere fatti a invarianza di gettito, è evidente che la flat tax dovrebbe avere un’aliquota almeno del 26%: un’aliquota pericolosamente simile all’attuale scaglione da 15.000 a 28.000 euro, cioè lo scaglione medio
In verità nel saggio si evidenzia chiaramente quello che sarebbe il vero vantaggio dell’adozione della flat tax: una rivoluzione drastica quanto ormai ineludibile del sistema tributario italiano. Un sistema che non è né progressivo, né flat: è semplicemente un coacervo inestricabile di norme, decreti, cavilli grazie al quale un’imposta progressiva esiste solo sui redditi da lavoro e sulle pensioni, mentre in tanti altri casi (come le ritenute fiscali alla fonte per i redditi da capitale) l’imposta è già flat (del 27%) o addirittura, grazie al gioco di esenzioni, sgravi o astrusi giri contabili siamo a livelli di imposta ridottissimi per certi tipi di redditi.
È proprio questo che, come propone Libertates, andrebbe fatto: un’autentica, drastica riforma di tutto il sistema tributario; renderlo semplice, trasparente, di facile controllo e applicazione, con imposte uguali per tutti i cittadini e obblighi ridotti per il contribuente. Basti pensare che negli USA praticamente ogni cittadino è in grado di calcolare da solo quanto deve pagare e quindi accettare o meno quanto gli viene proposto dall’ufficio delle imposte, mentre da noi anche un pensionato che possiede una casa deve farsi aiutare da un commercialista…
Che poi questa riforma porti ad un sistema progressivo o a una flat tax, come dimostrato nel saggio, conta relativamente.
di Angelo Gazzaniga