A margine di questa travagliatissima, e si potrebbe anche definire invereconda, elezione del nuovo Capo dello Stato si possono fare alcune osservazioni curiose e del tutto marginali, ma che sono spia di una situazione generale.
Nel Paese in cui il numero delle leggi vigenti (senza considerare regolamenti attuativi o esplicativi, norme ausiliarie ecc.) è praticamente incommensurabile esistono buchi normativi per lo meno bizzarri nelle norme relativa all’elezione del Capo dello Stato.
Per cominciare:
- il Parlamento siede in seduta comune per eleggerlo e quindi non è che un collegio elettorale (esattamente come i seggi elettorali con cui eleggiamo i nostri rappresentanti o un consiglio di amministrazione che nomina l’amministratore delegato), ma un collegio elettorale in cui non sono previsti candidati o liste di candidati (nominati dai partiti o scelti con primarie o addirittura autocandidati). Da qui il festival dell’ipocrisia, del detto e non detto e che potrebbe sfociare (per absurdum) in una situazione per cui, eletto (ad esempio) un Mario Draghi che non si è mai candidato, potrebbe presentarsi al Quirinale un Mario Draghi qualunque
(che ne so, un tranviere di Roma) che avrebbe teoricamente i titoli per entrarvi essendo stato regolarmente eletto. - Per l’art 85 della Costituzione stabilisce la prorogatio del Presidente uscente in caso di Camere sciolte perché è previsto il subentro del Presidente del Senato in caso di impedimento del Presidente, non delle Camere. Quindi il Presidente rimarrà in carico fino alla prima votazione valida, anche dopo mesi.
- Se venisse eletto Draghi decadrebbe immediatamente perché la legge è esplicita in questo caso: non ci può essere doppio incarico. La legge non indica però come sostituirlo. Esiste solo una legge del 1988 che prescrive che il potere passi al vicepresidente del Consiglio “in assenza di diversa disposizione da parte del presidente del Consiglio” che può pertanto designare chiunque gli sia simpatico. Sempre “per absurdum” in caso di morte il Presidente del Consiglio potrebbe aver fatto un testamento (le sue ultime volontà) in cui lascia la casa alla moglie e la presidenza del Consiglio al cugino: tutto perfettamente legali.
Sono esempi al limite dell’assurdo ma che dimostrano ancora una volta come aggiungere leggi a leggi non serva a semplificare una situazione, perché comunque non si riuscirà mai a regolamentare tutti i casi: non sarebbe meglio anche in questo caso fare , come da sempre suggerisce Libertates, una legge nuova, adatta ai tempi che cambiano e con un unico comma finale: “questa legge sostituisce a abroga tutte le precedenti”?
di Angelo Gazzaniga