Lunedì 11 ottobre 2014: a causa di un malfunzionamento del bagno del mio appartamento sito nella località di Recco (provincia di Genova), inevitabile nelle mille variabili indipendenti dello “scandalo del reale”- come lo chiamava lo psicanalista francese Jacques Lacan – ho chiamato ben quattro idraulici affinché lo riparassero e la mia vita privata continuasse normalmente (ben inteso, la normalità è una convenzione…), e comprensibilmente i lettori si chiederanno perché non ne bastava uno; la risposta è semplice: il primo aveva l’influenza, il secondo una volta arrivato con il consueto ritardo mi disse senza nemmeno averlo guardato, e con una forte irritazione sul volto, che non possedeva le competenze tecniche per buttare giù il muro- non si capisce cosa centrasse il muro con il suddetto gabinetto! ; il terzo aveva bofonchiato su un presunto maltrattamento da parte di mia madre nei suoi confronti durante la telefonata chiarificatrice del misfatto domestico mettendomi giù il telefono, il quarto (bontà sua) semplicemente non si è presentato. Insomma, ben quattro lavoratori su quattro hanno declinato la richiesta di lavorare a casa mia a dispetto della più Grande Depressione dal 1929 ad oggi. La domanda da porsi inevitabilmente è la seguente: come si può spiegare un simile fenomeno di culpa in negligendo in un Paese sull’orlo della bancarotta quale l’Italia? Per rispondere alla siffatta domanda sono andato a trovare nei miei archivi una vecchia lettera scomparsa risalente al 1981 scritta di suo pugno dall’intelligentissimo bancarottiere appassionato di economia Michele Sindona al Presidente Ronald Wilson Reagan sulla mentalità menefreghista dell’italiano medio. La sua attualità, solo in alcuni punti è chiaro, al netto delle manie di persecuzione sui giudici comunisti è di una attualità bruciante: “7 settembre 1981 Al Presidente degli Stati Uniti Casa Bianca Washington, D. C. 20500 Signor Presidente, Il mio nome è Michele Sindona. Sono un cittadino italiano e ho 61 anni. Sono un detenuto delle prigioni federali degli Stati Uniti d’America dal 7 febbraio 1980. Attualmente sono nel Centro Medico della prigione federale di Springfield, Missouri. Il mio numero di matricola è 00450-054. Sono stato condannato due volte a 25 anni di carcere per bancarotta fraudolenta. Io mi sono sempre sentito un amico degli Stati Uniti d’America. Sono stato perseguitato dalla Sinistra italiana soltanto perché mi sono battuto con tutte le mie forze per il rispetto delle istituzioni italiane e l’elezione di un governo veramente democratico che potesse onorare le alleanze con i Paesi occidentali, in primo luogo con gli Stati Uniti.
Ho comprato un giornale italiano in lingua inglese per evitare che cadesse nelle mani della sinistra. Ho studiato il modo per evitare che la sinistra italiana prendesse il controllo della stampa e della televisione. Per questi miei tentativi la sinistra italiana ha fatto di me un bersaglio e ho rischiato la vita in più di una occasione.
Il Consiglio superiore della magistratura, di cui fanno parte in maggioranza rappresentanti della sinistra, ha cacciato il presidente della Corte di Cassazione che aveva sottoposto un affidavit nel quale si affermava che i giudici italiani avevano illegalmente dichiarato che le mie banche fossero in bancarotta. Ho descritto solo una parte delle incredibili torture morali, psicologiche e talora perfino fisiche che ho dovuto subìre…Sono ancora convinto che gli Stati Uniti siano il solo Paese capace di salvare la mia patria e l’intero mondo libero dalla minaccia comunista. L’Italia ha bisogno di recuperare tre valori: lavoro, famiglia e fede. Nessuno vuole più lavorare perché confida nell’assistenza sociale…Io resto nella tempesta e da qui le grido: “E’ questo quel che accade a un amico degli Stati Uniti?” Rigorosamente suo, Michele Sindona. Post scriptum- Ecco trovata la soluzione al problema degli idraulici pigri:
accelerare il percorso lungo la via italiana alla reaganomics e tagliare l’ipocrita assistenza sociale da Stato Canaglia. Se Renzi non ci riuscirà, l’Italia finirà malissimo.
Alex Bush