In tutta la vicenda dei carcerati “scarcerati per motivi di salute”, oltre al solito pasticcio burocratico per cui tra competenze che si sovrappongono, normative oscure e complesse, strutture che si intersecano e “pareri obbligatori non vincolanti” (a che servono poi?), si è parlato solo di straforo di due principi fondamentali che sono stati violati.
Il primo è il diritto alla salute: è un diritto fondamentale per ogni cittadino, detenuto o no che sia. Se si devono rilasciare detenuti, anche per fatti gravi, in quanto non possono essere curati in carcere significa una cosa sola: che in carcere il diritto alla salute non è garantito. Non dimentichiamo un esempio famoso: quando Silvio Pellico si ammalò gravemente allo Spielberg l’imperatore mandò il suo medico personale a curarlo, anche se lo considerava un pericoloso rivoluzionario. Questo proprio perché il diritto alla salute deve essere tutelato comunque per ogni cittadino (o allora suddito).
L’altro principio fondamentale che è stato violato è quello della certezza della pena.
Non si tratta di essere giustizialisti o, peggio, forcaioli: ogni accusato deve ricevere la propria condanna dopo un processo giusto, celere e con tutte le garanzie possibili per la difesa.
Ma, una volta passata in giudicato la sentenza, la pena deve essere certa.
Ciò non solo nei confronti dei danneggiati (o dei parenti in caso di assassinio) che hanno il diritto di vedere il colpevole punito per il danno loro arrecato; ma anche di tutti gli altri cittadini che hanno il diritto di non ritrovarsi un condannato per pene gravi di nuovo tra di loro prima di aver completato la pena; ma soprattutto per lo Stato stesso che vede in questo modo compromessa la sua credibilità e la sua capacità di condannare veramente chi commette un reato grave.
Lo stesso Beccaria si è sempre battuto per i diritti degli accusati, ma mai per far ridurre arbitrariamente le pene.
In questo modo rischiamo di avere sempre più uno Stato forte con i deboli e debole con i forti: si riempiono le carceri di disgraziati condannati per aver rubato una mela, ma mai con chi ha grandi avvocati a disposizione o, peggio ancora, fa parte di associazioni mafiose.
di Angelo Gazzaniga