Quer pasticciaccio brutto de piazza Colonna

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Domenico
E questa sarebbe la nuova legge elettorale? A Roma la definirebbero “una sòla”

L’inquilino di Palazzo Chigi e il nuovo ospite del centro anziani “Fondazione Sacra Famiglia” di Cesano Boscone sembrano aver trovato la quadra su tutta una serie di riforme costituzionali che dovrebbero (finalmente) rendere più snella, più equilibrata, più economica, più veloce e più stabile la gestione di almeno due delle tre funzioni pubbliche nell’ambito della sovranità dello Stato: il potere legislativo e quello esecutivo. A parte qualche battibecco dell’ultima ora, con un Cavaliere (sarebbe meglio dire ex) traccheggiante a causa di una guerra intestina in vista delle elezioni europee alle porte, sembrano andare avanti (ahimé a fatica) le tanto agognate riforme del Senato delle autonomie – non elettivo – e la nuova legge elettorale: l’Italicum. Finalmente? Nemmeno per idea.
Che dovesse andare in soffitta il Porcellum è cosa condivisa pressappoco da tutti. Lo scopo di una nuova legge elettorale è quello di avvicinare la politica ai cittadini e viceversa. Una legge elettorale come quella in vigore per l’elezione dei sindaci, dove sia chiaro chi vince e dove si possano individuare chiaramente le responsabilità, salvandosi dall’italico sport nazionale: lo scaricabarile.
Renzi l’ha argomentata pressappoco così: si fa una legge elettorale a doppio turno, che porta al ballottaggio, e questo impedisce che si ripropongano le larghe intese e che ci siano “giochini da Prima Repubblica dove alla fine si mettono tutti insieme”. Ballottaggio che vuol dire che si sfidano politicamente Tizio contro Caio e chi vince governa senza equivoci. Una legge elettorale che tolga potere di veto ai micro partiti – quelli dello “zero virgola” – che troppo spesso hanno da giocarsi una fiche sproporzionata rispetto al consenso ottenuto in sede elettorale.
Come si fa a non essere d’accordo? Ma se guardiamo più in dettaglio cosa ha partorito il cosiddetto accordo del Nazareno, c’è qualcosa che stona.
Prima di tutto, è chiaro che questo nuovo strumento rischia di partire con l’handicap di essere incostituzionale: vale, infatti, soltanto per la Camera dei Deputati. Al Senato si vota, fino alla sua abolizione, il Consultellum, cioè un Porcellum “depurato”. Insomma, c’è il rischio di due maggioranze diverse nelle due Camere. Il che non risolve il problema della governabilità, anzi.
Un secondo punto di controversia è la sua stessa architettura: bene le circoscrizioni molto piccole, che permettono prossimità territoriale. Voto il candidato che conosco, spesso personalmente. Questo permette all’elettore di scegliere la persona e non il partito, riducendo lo strapotere di questi. Male, malissimo, invece, il tema delle preferenze: le liste sono bloccate. Come aggirare il problema? Certamente con le primarie. Sarebbe ora che fossero istituite per legge e avessero per tutti regole chiare e condivise. Si dica basta a un parlamento di nominati così come nel Porcellum. Ma in attesa di ciò, non bastava riproporre le preferenze?
Altra nefandezza, il “finto” doppio turno e le soglie di sbarramento. In tutto il mondo civile al primo turno tutti i partiti si presentano singolarmente e si misurano per poi, eventualmente, appoggiare l’uno o l’altro candidato che accede al ballottaggio. Insomma, prima si gioca la propria partita e poi eventualmente ci si coalizza o si offre un appoggio esterno. Con l’Italicum si invertono le fasi, dando vita a un pastrocchio senza precedenti: si creano le coalizioni già al primo turno. Ma la legge elettorale nuova che impedisce che si ripropongano le larghe intese e che ci siano “giochini da Prima Repubblica dove alla fine si mettono tutti insieme”, dove va a finire così?
Senza contare, come si diceva, il tema delle soglie di sbarramento: per entrare in Parlamento le forze in campo devono aggiudicarsi un 8% di preferenze se si presentano da sole e il 4,5% se in coalizione, mentre la coalizione dovrà raggiungere almeno il 12%. Insomma, si dice a tutti i partiti che non si chiamano Pd, Forza Italia o M5S: voi non entrate in parlamento a meno che non vi mettiate sotto l’ala protettrice di noi partiti “pivot”. E così i partiti piccoli si tarpano le ali da soli e quelli più grandi devono dimenticare l’idea veltroniana del “partito a vocazione maggioritaria”. Un danno per tutti, tranne che per due (forse) partiti traino che raccolgono tutte le fiche sul banco: Pd e Forza Italia.
Ultimo capolavoro: un premio di maggioranza al 37%, che regala il governo del paese anche a chi maggioranza non è.
A Roma questa l’avrebbero definita una sòla.

Bad Boy

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