Una “grande riforma” che ricalca le orme della Fornero
48 miliardi costerà agli italiani la ormai famosa “quota 100”. È un’operazione sperimentale (durerà 3 anni) che non sostituisce la tanto deprecata legge Fornero, ma la affianca.
Infatti come la Fornero:
- è anche lui un sistema rigido; se si vuole salvare l’INPS occorre la non flessibilità. Occorrono spese certe per il futuro, proprio come previsto dalla Fornero
- E’ un sistema a tempo, non una riforma del sistema. Quindi ha più l’aspetto di regalia per alcuni a spese di altri
- Non cambia il metodo di calcolo. Chi adotta la quota 100 perde una parte di pensione, quasi un quinto
- Sempre che funzioni: se per una crisi economica o per le troppe domande le possibilità di andare in pensione viene sospesa c’è il rischio di creare altri esodati: occorre infatti licenziarsi prima di fare domanda di pensione
- Non consente di restare attivi perché il limite di 5000 euro di reddito da lavoro obbliga a due scelte: o lavorare in nero, o restarsene a casa
Perché quindi sono miliardi sprecati?
- per quanto riguarda gli statali (che sono circa la metà degli interessati) non occorreva una legge generale. Per loro vigono regole particolari: sarebbe stata sufficiente una legge per incentivare l’uscita dei più anziani sostituendoli contestualmente con nove assunzioni
- per quanto riguarda il comparto privato è pura illusione ritenere che le ditte assumeranno tanti giovani quanti sono i nuovi pensionati; infatti già ora in tutto il Nord le ditte fanno fatica a trovare personale da assumere con le qualifiche opportune; inoltre nessun imprenditore assume perché gli viene offerto un bonus di tre mensilità, si assume perché c’è lavoro e ci sono previsioni di maggiori commesse, altrimenti conviene aumentare gli straordinari per superare i picchi di richiesta e tenere bassi i costi del personale negli altri periodi.
Ben diverso impatto avrebbero avuto questi 48 miliardi se fossero stati spesi in strutture (la cui mancanza o inefficienza rappresenta un grave ostacolo per le imprese) e tagli delle tasse (che sono tra le più alte in Europa)!
Ma c’è un altro punto che è stato poco sottolineato; in una società moderna e liberale (!) quale si definisce la nostra ogni cittadino dovrebbe poter decidere quando e come andare in pensione (come ha da sempre proposto Libertates. Libero di decidere della propria vita in questo come in tanti altri campi, ogni cittadino dovrebbe poter versare quanto e quando desidera alla propria cassa pensione con il solo limite di una quota fissa che servirebbe a garantirgli comunque una pensione minima e ad aiutare coloro che non hanno potuto mettere da canto quanto necessario per una vita dignitosa.
Invece questo provvedimento va nella direzione opposta: è lo Stato che decide quando uno può andare in pensione, rafforzando l’opinione che il lavoro di ognuno di noi non sia qualcosa che permette di realizzarci non solo dal punto di vita materiale, ma anche dal punto di vista dei nostri sogni e desideri, ma una prigione soffocante, una condanna da espiare nel più breve tempo possibile per poi poter entrare nel mondo dei beati che non fanno nulla, magari con un reddito di cittadinanza
di Angelo Gazzaniga