Non c’è dubbio che il Reddito di cittadinanza sia qualcosa a cui uno Stato democratico e liberale non possa rinunciare: nato, buon ultimo tra gli Stati europei, con il governo Gentiloni come Rei (Reddito di inclusione) è poi stato modificato, e peggiorato, in Reddito di cittadinanza.
Ma come dovrebbe essere, secondo il nostro parere?
Dovrebbe:
- essere assegnato a tutti coloro che sono in stato di indigenza; cioè a coloro che non sono in grado di mantenersi autonomamente per qualsivoglia motivo. È compito della società farlo in nome del più elementare principio di sussidiarietà
- essere assegnato solo a coloro che sono davvero in stato di povertà. Stato non autocertificato con controlli (molto ipotetici) a posteriori, ma controllato grazie a documenti che lo certifichino e soprattutto controllato e autorizzato dalle strutture assistenziali del proprio comune di residenza
- chi lo riceve deve essere seguito, aiutato e (perché no) controllato dagli assistenti sociali del proprio comune
- chi lo riceve deve accettare qualsiasi lavoro offerto, con limiti e regole ben precise e chiare; non devono essere ammesse definizioni tipo “lavoro non congruo” che permettono abusi di ogni tipo
- chi lo ottiene deve, se ne è in grado, fare “lavori socialmente utili”: in questo modo chi lo riceve ricompensa la collettività per quanto riceve e, soprattutto, non può dedicarsi a lavori in nero (ricevendo denaro dalla collettività e contemporaneamente sottraendosi a tutti gli obblighi inerenti a chi lavora)
- il sistema dovrebbe funzionare con il metodo delle “gabbie salariali”: è evidente a tutti che un reddito di 800 euro è sufficiente per vivere in una cittadina del Sud, mentre in una città come Milano non è sufficiente neppure per mangiare
Si tratta di una riforma a costo zero, anzi con una probabile riduzione di costi (dato che si eliminerebbero tanti abusi): è così difficile implementarla?
Vedremo. Certamente è questa la strada per rendere più efficiente un Paese come l’Italia: non riforme eclatanti, ma un continuo aggiustamento
di Angelo Gazzaniga