Non c’è dubbio che il reddito di cittadinanza, o come lo si vuol chiamare, sia un provvedimento non solo indispensabile, ma anche doveroso in uno Stato moderno.
Risponde infatti a quel principio di sussidiarietà e di aiuto per i più deboli e, perché no, sfortunati tra i cittadini che dovrebbe essere per tutti un obbligo morale oltreché civico.
Questo sussidio esiste in tutti i Paesi europei e anche per l’Italia non è certo una scoperta recente: prima si chiamava Rei (Reddito di inclusione) e faceva egregiamente il suo lavoro con un solo, grave, limite: l’insufficienza dei fondi distribuiti.
Poi è arrivato il Reddito di cittadinanza; un concentrato di errori e pressapochismi:
- ci si è basati su una domanda da inviare all’Inps basata su un’autocertificazione spesso gestita da un Caf che non verifica nulla (nascondendo le proprie inefficienze dietro una dichiarazione di sgravio di responsabilità dell’interessato) anziché appoggiarsi , come per il Rei, agli assistenti sociali del proprio comune che seguono e conoscono da tempo la situazione
- si è fissata una cifra uguale per tutto il Paese ignorando quali e quante differenze esistono nel costo della vita: 700 euro sono sufficienti in un paese del Mezzogiorno, mentre in una città come Milano non bastano certo per uscire dalla povertà
- si è stabilito un meccanismo di calcolo che privilegia i singoli rispetto alle famiglie numerose quando è risaputo che mantenere una famiglia con figli (spesso minori) è molto più difficile
- per non farlo sembrare una misura di semplice sussistenza lo si è legato all’offerta di lavoro ignorando che molti dei beneficiati non sono in grado di avere un’attività e costruendo una struttura, quella dei Navigator, che ha dato lavoro a pochissimi e che è servita sostanzialmente a sprecare soldi e a vanificare l’impegno e le speranze di tanti giovani (i Navigator) che avrebbero potuto essere impiegati più utilmente
- si è stabilita una barriera, quella della residenza per 10 anni continuativa per almeno 2, che si è rivelata un ostacolo insormontabile per molti, soprattutto per i più bisognosi.
Risultato:
- si sono gettati anni di tempo e soldi (8 miliardi)
- circa la metà dei veri poveri sono rimasti senza alcun reddito
- grazie a lunghi e laboriosi controlli a posteriori si scoprono migliaia di redditi erogati a individui non aventi diritto che mai più potranno essere recuperati
- pochissimi hanno trovato un lavoro vero
Un modo di fare politica che, anziché migliorare e perfezionare leggi già esistenti, preferisce ricominciare tutto da capo per populismo e ricerca di consensi: chi non ricorda il “abbiamo sconfitto la povertà” dei grillini dal balcone di Montecitorio?
Una lampante dimostrazione di come populismo e ricerca del facile consenso non portino alla fine da nessuna parte
di Angelo Gazzaniga