“Per Albatros Paolo Maniscalco interviene sul referendum relativo alla responsabilità dei giudici”.
Anche ammettendo che i giudici siano officiati ad essere i “Custodi della legalita”, così come, ripudiando una visione coerentemente liberale, vorrebbe una vulgata che ha largo seguito tra chi non si preoccupa di approfondire e si accontenta di belle parole prive di reale significato; resterebbe pur sempre sospeso in aria l’interrogativo di Giovenale richiamato nel titolo.
Se il giudice-Custode della legalità non adempisse, se fosse infedele al suo dovere di custodia, chi, rivestendo il ruolo di Custode dell’ interesse pubblico messo in pericolo da chi non è stato fedele ai suoi doveri, potrà porre rimedio al malfatto?
Il problema della cosiddetta responsabilità dei giudici è questo.
Poiché non esiste l’ essere umano perfetto, poiché le opere di ciascuno non sono sempre meritorie ed ineccepibili, poiché gli errori, in buona o in mala fede, sono sempre possibili e, di fatto, certi e inevitabili; deve essere previsto un qualche rimedio.
L’ inevitabile conseguenza della libertà di essere, di pensare e di agire (cioè di quanto, per un liberale, è l’ elemento irrinunciabile che contraddistingue una vita degna di essere vissuta) è l’ assunzione di una precisa ed ineludibile responsabilità per ciò che si è, si pensa, si fa.
Appare, del resto, evidente, che l’etica della responsabilità individuale è propria della concezione liberale ed è forse l’ elemento che maggiormente la caratterizza.
Alla libertà di iniziativa economica deve necessariamente corrispondere quella che, in termini giuridici, è definita la responsabilità del debitore (che risponde dei suoi debiti con il suo patrimonio); alla libertà di espressione deve necessariamente corrispondere la responsabilità per ciò che si esprime, che non deve ledere diritti altrui; al libero arbitrio dell’ individuo deve necessariamente corrispondere una responsabilità che è, e non può non esserlo, individuale, e non, certamente, della società o dell’ ambiente o delle condizioni indipendenti dalla volontà di chi agisce.
Soprattutto nelle azioni umane che comportano una relazione con altri è imprescindibile una assunzione di responsabilità. Un eremita, o il classico naufrago sull’ isola deserta, può, in linea generale, non preoccuparsi delle conseguenze che le sue azioni od omissioni potrebbero avere; ma chi si pone in relazione con altri non può rifiutare di assumersi la responsabilità che il suo operato comporta.
Ne consegue che il giudice, il cui operato incide quanto mai in profondità e con pienezza di effetti, nelle vicende di vita e patrimoniali di quanti si trovano soggetti al suo giudizio, proprio perché ha un grandissimo potere nei confronti degli altri deve avere un’ altrettanto grande responsabilità.
E’ certamente facile obbiettare che se un Giudice fosse tenuto interamente responsabile per le sue decisioni (e, quindi, chiamato a rispondere in prima persona, anche economicamente, dei suoi errori), allora ciò potrebbe indurlo a non prendere decisioni che possano esporlo al rischio di risarcimenti: e, dunque, ad assolvere invece di condannare, oppure a dare ragione, in una controversia civile, alla parte più facoltosa e che, dunque, in caso di soccombenza, avrebbe i mezzi per perseguirlo.
Ma non è una obbiezione convincente.
Alla stessa stregua, il chirurgo potrebbe rifiutarsi di compiere un’ operazione a rischio, il medico di famiglia potrebbe inviare qualunque caso, anche il più semplice, al pronto soccorso per eludere eventuali responsabilità, l’ ingegnere potrebbe effettuare i suoi calcoli con sicurezze ridondanti del tre o quattrocento per cento, non curandosi dei maggiori costi. Nessuno di costoro si comporta così, eppure per tutti è prevista la piena responsabilità individuale per i loro errori dolosi o colposi.
Solo i giudici possono fare il loro mestiere senza porsi il problema di una loro responsabilità e, dunque, al di là delle loro etica personale (che, per fortuna, è ben presente nella larga maggioranza) sono liberi di agire irresponsabilmente.
Il sentimento comune, per contro, è che i giudici debbano essere responsabili (come chiunque altro) del loro operato. I risultati del referendum del 1987 sono indiscutibili.
E’ vero che ci debbono essere particolari cautele (non certamente quelle, eccessive, della legge attuale, che i più di venti anni ha portato a un numero di condanne di giudici che si contano in unità, nemmeno in decine…), e. del resto, la prima tutela che i giudici avrebbero è che comunque, a decidere delle controversie sulla loro responsabilità, ove questa fosse finalmente prevista, sarebbero pur sempre altri giudici: un “privilegio” (quello di essere giudicato dai propri “pari”) che nessuna altro soggetto chiamato a rispondere di una sua responsabilità può avere.
Una società autenticamente liberale deve prevedere una qualche forma di responsabilità dei giudici; si tornerebbe, in caso contrario, all’ assolutismo regio che può “negare giustizia”.
Paolo Maniscalco
avvocato civilista, è tra i fondatori dei Comitati per le Libertà