Renzi e Berlusconi, tanto diversi, tanto simili: ma ambedue pensano più a mantenere il potere che al futuro dell’Italia
Molti anni fa, Aldo Moro inventò un paradosso geometrico destinato a fare epoca: le convergenze parallele. Il che stava a significare – si era negli anni Sessanta – il progetto di associare il partito comunista all’area del potere (procedendo parallelamente ad esso) con l’obiettivo finale di convergere nel momento in cui si fosse liberato del suo ciarpame ideologico marxista-leninista. Curiosità d’altri tempi? Non del tutto. Perché un altro paradosso geometrico si attaglia perfettamente all’attualità politica italiana: le simmetrie asimmetriche fra Renzi e Berlusconi.
Non mi sto divertendo con un gioco di parole. Le simmetrie non sono meno paradossali delle antiche convergenze parallele, eppure esse esprimono il rapporto che esiste fra i due poli attualmente dominanti nella mappa del potere italiano. Da un lato, il renzismo; dall’altra, il berlusconismo.
Entrambi i poli, per come li conosciamo, hanno un obiettivo prioritario: il mantenimento del potere nelle rispettive aree. E si compongono ognuno di due elementi: potere politico e potere mediatico, cioè di influenza tendenzialmente egemonica nella formazione dell’opinione pubblica. Questi due aspetti si rispecchiano l’uno nell’altro, e non sono separabili, pena il crollo del sistema complessivo.
Nel caso del renzismo, lo hard core, il centro del sistema, si colloca nel partito democratico, più precisamente all’interno della sua direzione, la cui maggioranza anche dopo i recenti rovesci continua ad essere saldamente nelle mani del segretario. L’opposizione interna al Pd è di fatto funzionale a questo potere, perché, invece di incalzarlo sul terreno del riformismo, lo contesta con uno sterile attaccamento ai principi statalisti e dirigisti d’antan. Il prolungamento di questo potere renziano è invece costituito dal sistema mediatico che ha al suo centro la Rai di Maggioni-Dall’Orto, e i gangli periferici nel mondo della carta stampata, della radio, del web.
Nel caso del berlusconismo, invece, il cuore del potere coincide con Mediaset, che lo incarna nel modo più coerente ed efficace. I suoi prodotti culturali e informativi sono gli stessi del polo renziano, al 90 per cento: variano soltanto là dove gli interessi del capo azienda – economici o politici – siano toccati o minacciati. Rispetto a Mediaset, invece, il partito di Forza Italia è un puro prolungamento operativo delle direttive superiori.
Ecco insomma le simmetrie asimmetriche: renzismo e berlusconismo si rispecchiano, pur con i rapporti interni rovesciati. Inevitabile e naturale la loro collusione, al di là dei vari Patti del Nazareno: i due sistemi costituiscono un duopolio largamente dominante, sia in politica che nell’informazione: perché mai dovrebbero combattersi, quando funzionano benissimo sostenendosi a vicenda? All’orizzonte non può che profilarsi – come sta avvenendo – un bel sistema elettorale proporzionale che consenta ai due poli di spartirsi il potere, magari alzando il ponte levatoio della clausola di sbarramento e del premio in seggi, allo scopo di lasciar fuori dalla porta gli ospiti politici indesiderati.
L’effetto di questa cappa asfissiante imposta alla società dal duopolio è la fuga degli oppositori verso l’avventurismo e il populismo. I non omogenei – principalmente i 5 Stelle e la Lega – sparano a destra e sinistra contro la Nato, in favore di Putin, in favore dell’obbligo di mandato (cioè della sottomissione partitocratica da parte dei rappresentanti eletti dal popolo), del reddito di cittadinanza universale (tanto paga pantalone), della democrazia selvaggia (stabilita senza regole con i plebisciti sul web).
Un tale effetto perverso si traduce, per gli italiani, nella assenza di programmi, di idee non propagandistiche, nell’eterna melina dei rinvii e degli aggiustamenti tattici, nel lievitare inesorabile del deficit. Senza una chiara coscienza di questo male da combattere, saremo condannati a ripetere i nostri errori.
di Dario Fertilio