C’è una vena totalitaria nella riforma della Costituzione da approvare con referendum?
Per la prima volta nella storia della Repubblica un capo dell’esecutivo, dopo aver cambiato la Costituzione con la propria maggioranza invece di governare, secondo il principio liberale della
separazione dei poteri, si arroga il diritto di condurre la crociata per il sì al referendum, trasformato nell’occasione in plebiscito.
Questa nuova riforma non aumenta le garanzia democratiche. Favorisce l’espressione della maggioranza a discapito della minoranza. I
cittadini rimangono senza voce con un Senato non più eletto dal popolo.
Ci sono i precedenti lontani ma significativi, non paragonabili ma con molte affinità.
Vladimir Lenin e Benito Mussolini sciolsero rispettivamente Duma e Camera. Come nei paesi dell’ex Unione Sovietica o nel periodo del
Ventennio, Matteo Renzi concentra in una sola persona il potere esecutivo e quello di capo partito “unico della “Nazione ”.
Mussolini esautorò definitivamente il Parlamento dopo l’attentato subito a Bologna nel 1926. Da tempo la Camera dei deputati aveva subito la riduzione delle sue prerogative a favore dell’Esecutivo. Le leggi speciali del fascismo diedero al primo ministro il potere di legiferare senza la ratifica dell’Assemblea. Dallo stallo parlamentare dell’Aventino al totalitarismo il passo fu breve.
La riforma Costituzionale Renzi/Boschi/ Verdini ricorda questo passaggio con armi giuridiche più raffinate e passaggi incruenti. Il vecchio sistema di bicameralismo perfetto non dava adito a dubbi, a parte l’abuso dei decreti legge. Ora, con un sistema più complicato, ci
sono 7 modi diversi di fare le leggi. Una complicazione che paralizza gli organi legislativi a favore appunto dell’Esecutivo.
Il Senato non è stato abolito, come auspicato da alcuni (persino da Piero Calamandrei durante la Costituente), ma è stata cambiata la
modalità di elezione che calpesta il principio fondamentale della sovranità popolare. Solo il voto democratico attribuisce al potere legislativo la facoltà di legiferare. Il Senato mantenendo i costi
della elevati della politica (burocrazia senatoriale e indennizzi di carica) con la riforma sarà composto dai designati dei grandi
elettori regionali che faranno quasi sempre capo al potere esecutivo. Siccome il Senato manterrà le prerogative precedenti (elezioni del Presidente della Repubblica, eccetera) l’esecutivo riuscirà ad influire sui quegli organismi di controllo e di moderazione. Uno squilibrio voluto dai Bolscevichi nel 1917. La rivoluzione d’Ottobre non aveva
come unica matrice il bolscevismo. Dopo le elezioni della Assemblea Costituente russa del 1918 essi avevavono ottenuto solo il 25% dei
voti rispetto al 58% dei social-rivoluzionari. Furono Lenin e il suo partito a impadronirsi del potere e a eliminare tutti i partiti politici compresa la sinistra. Lenin temeva che la neonata forma
repubblicana e liberale prevalesse sul vecchio regime zarista. Le Costituzioni sovietiche succedutesi fino al 1977, pur dichiarando sulla
carta la sovranità popolare, di fatto la soffocarono e la annullarono semplicemente annientando la divisione dei tre poteri classici e concentrando il potere su un unico ente, il partito comunista sempre di più identificato nelle mani del piccolo padre.
L’atteggiamanto di Renzi non è paragonabile a quello di Stalin. Tuttavia il suo golpe morbido
all’interno al pd ha disarticolato una macchina che per statuto ed intenzioni nuove voleva dare voce a varie istanze ideali. Renzi è tornato al vecchio Pci, ha fatto fuori tutti gli avversari politici, è tornato al centralismo burocratico che prevede un solo articolo: “il capo ha sempre ragione” e gli altri devono sottostare senza alcun
diritto al dissenso. Il segretario politico Renzi, appena eletto forzando la mano, ha disarcionato Enrico Letta designato correttamente dal presidente della Repubblica senza che fosse aperta
una crisi istituzionale o fosse messa in discussione la maggioranza di governo. Da qui una serie di atteggiamenti di prevaricazione, soprattutto nei confronti dei soggetti deboli e favorevoli ai poteri
internazionali finanziari. Difendere la democrazia è soprattutto un dovere morale che spetta a tutti i cittadini. Come affermava Piero Calamandrei, quella carta fu scritta con il sangue dei partigiani. Come auspicava Thomas Carlyle, noi vogliamo
restare uomini liberi, con la vita fondata sulla realtà e la giustizia.
Filippo Senatore