Le conclusioni del recente Congresso del Partito comunista cinese hanno raccolto unanimi consensi:
- hanno cancellato in pratica l’obbligo del figlio unico con grande soddisfazione di religiosi e difensori della libertà di scelta delle famiglie
- hanno aperto agli investimenti esteri banche e grandi società nazionali suscitando apprezzamento ed entusiasmo dei sostenitori del mercato libero e della concorrenza
- hanno chiuso i campi di lavoro obbligatorio ove si poteva essere rinchiusi con un solo provvedimento amministrativo non appellabile con soddisfazione dei difensori dei diritti umani
Ma noi dei Comitati ci permettiamo di far sommessamente notare come restino comunque immutati alcuni aspetti che caratterizzano il regime come una dittatura ben lontana da una democrazia per quanto embrionale:
- continuano ad esistere i Laogai, campi ove i condannati sono obbligati a lavorare come schiavi per lo Stato o per aziende statali
- non esiste un potere giudiziario in qualche maniera indipendente: i giudici sono e restano funzionari governativi
- non esiste alcun sistema elettorale che permetta ai cittadini di scegliere i propri governanti e tanto meno la forma di governo ritenuta più opportuna
Ma soprattutto tutte queste aperture non sono inserite in una Costituzione ma sono concessioni e decisioni del governo che può ritirarle o modificarle a suo piacimento: una specie di Statuto.
E non si può non notare come sia fondamentale la differenza tra Costituzione (o Magna Charta o “sabea corpus” inglese) e Statuto: l’una è ottenuta, decisa e approvata dai cittadini, l’altro è una concessione del Sovrano.
Ed è quello che fa la vera differenza tra i cittadini degli Stati democratici e liberi come i nostri occidentali e i sudditi dell’impero (comunista) cinese.
Angelo Gazzaniga