In un editoriale Settis insinua che Renzi sia pilotato dalla banca americana JP Morgan per coprire Tangentopoli: ma lo pensa davvero o ci marcia?
Delle due l’una: o urge un trattamento sanitario obbligatorio “ad personam” per Salvatore Settis perché soffre di allucinazioni, oppure nell’“ossessione dell’identità” statalista che lo accumuna a Paolo Cirino Pomicino e a Paolo Flores D’Arcais intende restaurare la Democrazia Cristiana insieme a qualche furbone “de la Repubblica” che fa finta di scrivere nelle “riserve indiane” del martirologio all’italiana. Nel secondo caso Settis fa un uso cattivo della sua intelligenza, vorrebbe far apparire lo “pseudo-socialista reale” Matteo Renzi, nel suo bizzarro editoriale sull’Espresso, come un burattino nelle mani della finanziaria Jp Morgan per coprire l’esistenza di Tangentopoli in Italia:“La resistibile ascesa di Matteo Renzi si regge su due opposte liturgie:da un lato, un nervoso movimentismo presentista fatto di quotidiane promesse e spiritosaggini (con i gelati, ice bucket). Dall’altro, il tenace attaccamento a una rendita di posizione fondata sul mantra di Mrs. Thatcher:“non c’è alternativa”.
E poi ci sarebbe la dipendenza “al servizio dei diktat della finanziaria J.P. Morgan…per dirottare la pubblica opinione”.
Si tratta all’evidenza di un quadro fantapolitico e/o cinematografico- viene il sospetto – per dirottare la pubblica opinione dalle colonne dell’Espresso. Allora sia consentito a noi di Libertates di fare un po’ di fanta-politica e di provare a indovinare (“a pensar male si fa peccato, ma…spesso s’indovina”). E’ verosimile ritenere che Salvatore Settis la pensi allo stesso modo del liberale tout court di “Affari e Finanza” Federico Fubini, ma abbia obiettivi antitetici ai suoi in una sorta di sadismo narcisistico (“ve la metto in quel posto perché so giocare con le parole, i cattivi maestri come me, Flores, Pomicino, ecc…vogliono dirottare l’opinione pubblica per realizzare la dittatura di Tangentopoli”). Tradotto: Settis o è d’accordo in segreto con il realismo macroeconomico di Fubini oppure imbroglia le carte:“Un’occhiata all’indietro dà l’idea della strada che ci siamo lasciati alle spalle. Se le privatizzazioni di cui si parla oggi fossero state fatte prima della crisi finanziaria, sarebbe andata come segue: dalla vendita del 5% dell’Eni lo Stato avrebbe ricavato circa cinque miliardi di allora, cioè in termini reali- tenuto conto dell’inflazione- più di quanto si spera di raccogliere oggi vendendo il 5% sia di Eni che di Enel. E una cessione di una quota del genere avrebbe prodotto due miliardi in più. Se non altro, forse la crisi del debito avrebbe agguantato l’Italia più tardi e sarebbe durata meno. L’impressione è che per ora il premier abbia stoppato il proprio ministro più autorevole (Pier Carlo Padoan, ndr), proprio quando questi pensava di avere già il suo via libera. Questa settimana i due continueranno a parlarne. Padoan dirà a Renzi che i ricavi da privatizzazioni di Eni e Enel, gli unici possibili in tempi brevi, servono a non far saltare le metriche del debito”. Ma Renzi fa il neodemocristiano che prende tempo.
Chi abbia ragione tra Fubini e Settis, lasciamolo concludere ai lettori.
L’impressione è che probabilmente Settis lo sappia benissimo come l’editorialista di “Affari e Finanza”, ma finga di non saperlo in quanto è più utile parlare di Ronald Reagan “redivivus” in un Paese dominato dalla satrapia di Tangentopoli per una sorta di eccitazione “fanfaniana” che gli consenta di costruire “relazioni di potere” versus il polo moderato di Montezemolo e Passera in vista di un nuovo inciucista compromesso storico in salsa zagrebelskyana.
Per un’Italia di potere, poltrone e autoritarismo.
A pensar male…Comunque Settis è un vero genio. Quasi colto sul fatto!
Alex Bush