Saloon del libro

Data:

fiera

Oggi, non c’è niente di peggio dei saloon del libro e dei festival dei fintibestseller per far del male alla cultura. Sono il distillato del processo di costruzione del consenso intorno a qualcuno, e spargono aloni di ipocrisia in ogni dove. Più o meno il meccanismo è questo. Un ragazzotto, meglio se apolide, radical chic, meglio se fintoperseguitato comunque progressista a parole, scrive un libro analfabetico su un episodio della sua vita. Le case editrici giuste – tipo Einaudi Stile libero che ha dato una mano al collasso della cultura – lo mettono in programma. Il sapiente marketing della casa editrice inventa l’ennesimo caso (direi casino) e lo passa ai novellanti omologati dei giornaloni che si attrezzano a metterlo in pagina con tanto di anticipazione e controanticipazione. A questo punto interviene il sottoassessore della sottocultura e prende nota per invitarlo al festival del nulla, dove questo si presenta con fidanzate e con l’adeguata ignoranza che il caso richiede. Meglio se vestito de’ sinistra. Un 15mila euro per l’albero e il più è fatto (se il Festival va in deficit ci pensano i giornali a gridare allo scandalo se lo si chiude). A questo punto si avverte Fazio che lo invita a Maltempo che fa; poi si attiva Concita Di Gregorio e vari altri con “di” e “de” nei cognomi. Ci sta qualcosa anche sul blog della Bignardi o di Sofri, forse un passaggio alla 7. In genere, questi libri sono editati anche dalla Mondadori di Berlusconi, che paga più di tutti e loro gli danno addosso meglio (che goduria!). Poi arriva il festival. Ci va la gggente (scolaresche che giocano con il telefonino, fidanzati obbligati da fidanzate che devono mostrarsi acculturate) ad ascoltare le presentazioni (deserte). Uno stuolo di trentenni aspetta che il copiatore di turno (che so… Saviano, Augias, Galimberti) le guardino. Uno su dieci compra il libro per avere “la firma dell’autore”. Va a casa e non lo legge. Però dice di averlo, e lo può persino mostrare se va qualcuno a farsi due spaghi a casa.
Questo è quel che si meritano una sinistra (vera) che non c’è, un riformismo che è solo compromesso e un conservatorismo che pensa solo alla bottega.
Adam Brux

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